«Sperimentate l’Housing First, lo strumento che aiuta i senza dimora a ritrovare casa e dignità». Intervista a Giuseppe Dardes (fio.PSD)

Di loro se ne parla spesso, ci fanno compassione ma anche paura: sono i senza dimora, tema scottante e non sempre trattato con profondità. Ma quali sono le prospettive da cui guardare in futuro questa problematica? Quali buone pratiche si stanno diffondendo per favorire il reinserimento e l’integrazione di chi ha perso lavoro, casa e spesso affetti dei familiari? Ne abbiamo parlato con Giuseppe Dardes, responsabile della formazione della fio.PSD, Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora, associazione che persegue finalità di solidarietà sociale nell’ambito della grave emarginazione adulta e delle persone senza dimora. E’, inoltre, coordinatore del Network Housing First, modello innovativo sviluppato negli Usa e che si sta diffondendo, con successo, anche in Italia.

Di cosa si tratta?
«Si parte dalla consapevolezza, supportata dai dati, che la via migliore per il reinserimento nella società è procurare un appartamento, in cui e tramite cui il senza dimora possa ritrovare la dignità prima ancora che un tetto. Stiamo riscontrando che, al contrario di quello che si possa pensare, proprio i casi più difficili dimostrano di rinascere in una casa».

Quanto tempo possono usufruire dell’abitazione?
«Non esiste un limite temporale, è l’utente che decide di lasciare l’appartamento quando si sente pronto ed autonomo. Finché rimane, invece, è seguito, con un incontro settimanale, da un’equipe composta da psicologo, assistente sociale ed eventuale altro operatore, che monitorano il percorso di reinserimento».

Questo è l’unico vincolo da rispettare?
«No, i senza dimora che usufruiscono di Housing First sono tenuti anche ad una civile convivenza con il vicinato ed eventuali coinquilini; come terza regola devono compartecipare economicamente con il 30% delle loro entrate o, se senza reddito, essere disponibili ad azioni di restituzione come piccoli lavori».

E al resto delle spese per l’alloggio chi provvede e con quali fondi?
«Questi progetti vengono finanziati con i Pon Inclusione e i Fead (Fondi europei di aiuto agli indigenti), entrambi fondi europei gestiti a livello ministeriale. Le Regioni presentano il progetto al Ministero e poi lo fanno attuare dagli Ambiti territoriali. La tendenza è di far responsabilizzare il settore pubblico nella gestione e nella soluzione delle problematiche dei senza dimora, troppo spesso sulle spalle di privati e piccole associazioni».

Possiamo ipotizzare dei costi per un appartamento che ospiti uno o due utenti?
«In una città come Foggia dovremmo aggirarci sui 500/600 euro al mese come costi globali. In altre zone le ricadute di Housing First si stanno mostrando notevoli e di grande impatto sull’indigenza, speriamo che al più presto altri Regioni e ambiti territoriali possano far partire il progetto nelle loro realtà. Ciò non toglie che anche dei privati possano farsi promotori della gestione di alcuni appartamenti in questa modalità».
Andrea La Porta