Hai mai pensato a cosa porti di prezioso ogni giorno con te? È più comune di quanto tu possa immaginare: portare in tasca o nel portafogli la propria carta d’identità è per la maggior parte di noi il gesto più naturale al mondo. Possedere una carta d’identità indica che una persona è iscritta all’anagrafe e di conseguenza ha acquisito una residenza. In Italia è un diritto soggettivo perfetto a cui sono collegati molteplici altri diritti fondamentali, riconosciuti e tutelati dalla Costituzione. La residenza consente, inoltre, di individuare il collegamento tra una persona e il territorio; si tratta di una ragione amministrativa, in quanto lo Stato deve conoscere per motivi di ordine pubblico dove si trovano esattamente i cittadini. Ma cosa si intende per “residenza”?
La definizione è contenuta nell’articolo 43 del codice civile, secondo cui la residenza è il luogo in cui la persona ha stabilito la dimora abituale. Un senza dimora non ha più una dimora abituale, di conseguenza una residenza, e con essa perde la possibilità di accedere e di esercitare tutti quei diritti che ne derivano. Un senza dimora non può usufruire del patrocinio a spese dello Stato, non può così avere un avvocato gratuito per difendersi; non può avere un medico di base, ha in alcuni casi difficoltà a essere preso in carico dai servizi sociali o ad esercitare il proprio diritto al lavoro e quello di voto; a ricevere la pensione o aprire un conto corrente. La residenza, dunque, risulta essere un elemento fondamentale nella vita di qualunque persona, per questo motivo l’Istat (nella circolare n.29 del 1992) propone l’iscrizione delle persone senza dimora in una via fittizia, ossia in una via che non esiste realmente sul territorio, ma a cui il Comune attribuisce un nome e in cui è possibile procedere all’iscrizione anagrafica di chi non ha una casa. La residenza fittizia ha lo stesso valore di una reale, di conseguenza non vi è alcuna differenza tra una persona iscritta in una di queste vie ed una iscritta in una strada esistente.
Un senza dimora può tornare così ad esercitare tutti quei diritti che senza residenza gli sono negati. In questo modo esce dalla bolla di “invisibilità” a cui lo strada lo condanna, tornando ad una condizione di esistenza giuridica che gli consente di riacquistare dignità agli occhi delle istituzioni e del mondo. Finire in strada non è mai una colpa. La residenza fittizia può diventare il primo passo verso la riconquista della propria vita.
Valentina Depalma
volontaria di Avvocato di Strada – Sportello di Foggia