Il destino di Tabitha e delle 4 milioni di ragazze che ogni anno rischiano le mutilazioni genitali femminili

«Quando Tabitha aveva 16 anni e stava crescendo nel Kenya rurale, la maggior parte delle sue coetanee aveva già subito mutilazioni genitali femminili una violazione dei diritti umani per la quale quest’anno sono a rischio 4 milioni di ragazze. Tabitha è rimasta illesa, grazie al supporto dei suoi genitori che, nonostante l’enorme pressione sociale, hanno salvato la loro figlia da questo destino. Nella Giornata Internazionale di Tolleranza Zero per le Mutilazioni Genitali Femminili, ci uniamo a Tabitha e ai giovani nel mondo che lottano per i propri diritti con urgenza ed energia. Stanno coinvolgendo i loro coetanei, famiglie, comunità e governi per chiedere che venga posta fine a questo terribile atto di violenza di genere una volta e per tutte, come promesso dalla comunità internazionale nell’Agenda degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030».

Il racconto, terribile, porta la firma del Direttore generale dell’Unfpa, Natalia Kanem, del direttore generale dell’Unicef, Henrietta Fore, del Direttore dell’UN Women Phumzile, Mlambo-Ngcuka e del Direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ed arriva in occasione della Giornata Mondiale di contrasto alle FGM che si celebra il 6 febbraio per ricordare l’importanza di intensificare gli sforzi globali per l’eliminazione di questa pratica. Nel mondo, dunque, 200 milioni di donne e bambine le hanno subite. Tra le vittime, 44 milioni sono bambine fino a 14 anni. 3 milioni a rischio ogni anno. Il fenomeno riguarda oggi più di 500.000 donne e ragazze in Europa e 80.000 in Italia. Circa 20.000 donne provenienti da Paesi a rischio di FGM cercano asilo nell’Unione Europea ogni anno.

«Anche se negli ultimi 30 anni sono stati fatti importanti progressi per eliminare la pratica, nel mondo oggi vivono circa 200 milioni di ragazze e donne che sono state vittime di mutilazioni genitali. Ciò comporta conseguenza fisiche, psicologiche e sociali di lungo periodo. Il supporto alla pratica è in calo – è scritto nel documento – . Le ragazze adolescenti tra i 15 e i 19 anni nei paesi in cui la pratica è più presente sono meno propense a continuare la pratica rispetto alle donne tra i 45 e i 49 anni. In molto paesi, le ragazze sono molto meno esposte al rischio di subire la pratica rispetto alle loro madri e nonne. Tuttavia, la rapida crescita della popolazione giovane nei paesi in cui sono praticate le mutilazioni genitali femminili può portare a una rilevante crescita del numero di ragazze a rischio entro il 2030. I giovani di oggi possono giocare un ruolo importante nel porre fine alla pratica».

Di conseguenza, «liberare il potere dei giovani significa investire in movimenti giovanili per difendere l’uguaglianza di genere e porre fine alla violenza sulle donne e le ragazze e l’eliminazione di pratiche pericolose. È necessario includere i giovani come partner quando si definiscono e realizzano piani di azione nazionali, costruendo relazioni con le organizzazioni e i network giovanili che lavorino per porre fine alle mutilazioni genitali femminili e riconoscerle come una forma di violenza contro donne e ragazze, dando maggiore potere e consapevolezza ai giovani per portare avanti compagne di comunità che sfidino norme sociali e riti e coinvolgano uomini e giovani come alleati».

Lo scorso anno al Summit ICPD25Nairobi (Kenya), governi, società civile, organizzazioni religiose e aziende private hanno confermato il proprio impegno a porre fine alla violenza di genere e alle pratiche nocive – fra cui le mutilazioni genitali femminili – nell’arco dei prossimi 10 anni, lo stesso lasso di tempo previsto dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. A marzo ricorrono i 25 anni dalla firma della “Piattaforma di Pechino”, lo storico impegno globale per l’affermazione dei diritti delle donne in 12 punti, uno dei quali era proprio l’eliminazione di tutte le pratiche lesive dei diritti umani delle donne e delle ragazze. «Ora – concludono – è tempo di investire, tradurre le promesse politiche già fatte in azioni concrete. Ora è tempo di fare di più, meglio e più velocemente per porre fine una volta e per tutte a questa pratica. Ora è tempo di mantenere la nostra promessa fatta a Tabitha e a tutte le altre ragazze, di azzerare le mutilazioni genitali femminili entro il 2030».