Tirocini formativi dei migranti in Procura, la sfida di abbattare gli stereotipi e raccontare l’altro volto dell’integrazione e delle competenze

«E’ un’iniziativa utile quella che stiamo vivendo, perché non tutti i migranti hanno la possibilità di vivere un’esperienza come questa. Sono molto contenta. Il mio lavoro consiste nel portare i fascicoli con il carrello nei vari uffici della Procura. Mi piace, mi permette di conoscere tante persone e di sentirmi utile». Kouyate Nanbintou ha 34 anni e viene dalla Costa d’Avorio. Vive a Candela, con sua figlia piccola, e lentamente sta provando a costruirsi un futuro migliore, fatto di speranza e di opportunità, lontana da violenza, miseria e guerra. Dalle cause che l’hanno spinta ad andare via dal suo Paese. E come lei, anche Abdelkade, Haytem e Achab stanno vivendo un’esperienza simile. Un tirocinio formativo ed educativo negli uffici della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia.

Da un mese, ogni giorno, dalle ore 9 alle 14, svolgono incarichi con mansioni di ausiliari: Kouyate si occupa della movimentazione dei fascicoli negli uffici al terzo piano della Procura; il 38enne marocchino Abdelkader, impiegato nell’ufficio Tiap (Trattamento Informatico Atti Processuali) e archivio; il 33enne Haytem, che viene dalla Libia è occupato nell’ufficio Dibattimento; ed il 59enne marocchino Achab, l’ultimo arrivato nel gruppo, è impegnato nell’ufficio smaltimento atti e segreteria. Sono tutti migranti accolti nell’ambito del progetto “SIPROIMI – Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati”, i cui enti gestori sono le cooperative sociali Medtraining ed Iris di Foggia. E’ a loro che Ludovico Vaccaro, Procuratore Capo della Repubblica, si è rivolto per dare vita ad un’idea che contiene innovazione sociale, opportunità formativa e necessità di colmare la mancanza di organico. E così, da circa un mese, i migranti – dopo adeguata formazione – sono impegnati in attività manuali tipiche del profilo dell’ausiliario, quali movimentazioni di carichi ed altre attività dello stesso tipo, offrendo un importante supporto all’Ufficio di Procura da tempo afflitto da carenza di personale in organico. L’attività di inserimento lavorativo non prevede alcun tipo di onere economico a carico della Procura della Repubblica o del Ministero della Giustizia.

«Il migrante che lavora per la Procura di Foggia, che lavora per la legalità, diventa un simbolo per tutta la collettività – ha detto il procuratore capo Ludovico Vaccaro – . E’ un messaggio culturale per tutto il nostro territorio. Dobbiamo guardare il migrante come una risorsa per lo Stato, per tutti noi. Si tratta di percorsi educativi e di integrazione che favoriscono l’apprendimento della lingua italiana e la possibilità di poter colmare un vuoto organico nei nostri uffici. Sono dei tirocini formativi che non prevedono alcun tipo di onere economico a carico della Procura della Repubblica o del Ministero della Giustizia, ma che in chiave simbolica e di operatività offrono molto a tutti quanti noi». Perché girare per gli uffici, stare a contatto con gli altri “colleghi”, movimentare faldoni e fascicoli vuol dire innanzitutto creare dei contatti, delle relazioni. «La loro presenza – aggiunge Roberto Ginese, cancelliere e tutor del progetto – dà un tocco di colore non soltanto fisico, ma soprattutto culturale. E’ un’azione di coraggio che abbatte gli stereotipi, che disegna alternative possibili, coinvolgendo i tirocinanti nell’idea della Squadra-Stato di cui parla sempre il Procuratore Vaccaro. Perché i migranti ci trasmettono la loro passione, condividono le loro storie, creano scambi e conoscenze che fanno bene a tutti». Per il momento, l’esperimento è partito in Procura, ma non è escluso che a breve possa contaminare anche gli uffici del Tribunale di Foggia.

Per Carmine Spagnuolo, della cooperativa sociale Medtraining, non ci sono dubbi: «All’interno dei progetti di accoglienza i migranti vivono esperienze di tirocinio formativo nelle piccole e grandi aziende del nostro territorio. Ma questo progetto rompe anche uno stereotipo, che è quello della rappresentazione che in questo territorio ciascuno di noi ha della persona migrante, dell’altro, del diverso. E’ normale – prosegue Spagnuolo – incontrare gli immigrati nei ruoli di marginalità, in lavori di estrema difficoltà, non è normale per noi vederli in ruoli diversi, sia che si tratti di lavori regolari sia all’interno di un’Istituzione». La sfida è stata lanciata. Il progetto di tirocinio ha una durata di tre mesi estendibile per altri tre.
Emiliano Moccia