Questo articolo è stato pubblicato nel numero gennaio-febbraio 2020 del giornale “Foglio di Via”
AICAT. Liberarsi dall’alcol? Insieme si può: questo emerge dal quadro della situazione che ci fornisce la dottoressa Manuela Parisi, una delle referenti, o meglio insegnanti-servitori dell’Aicat (Associazione Italiana Club Alcologici Territoriali) della provincia di Foggia. «Chi conduce gli incontri è chiamato così sia perché al servizio delle persone sia perché vengono insegnate alle loro famiglie le varie tematiche e problematiche legate all’uso di alcol, droga o al gioco d’azzardo». Famiglia è una delle parole chiave del percorso di recupero dell’organizzazione fondata dal professor Vladimir Hudolin, neuropsichiatra croato e presente dagli anni ’80 anche a Foggia grazie al dottor Giovanni Aquilino.
LA
FAMIGLIA. I Club, ossia le sedi Aicat, si basano proprio sull’imprescindibile
affiancamento dei familiari, che accompagnano nei momenti di condivisione con
altri pazienti e che sostengono continuamente il proprio caro giocando un ruolo
fondamentale. E nel caso di senza dimora, o, più in generale, di persone rimaste
sole, la dinamica non deve cambiare. «In
questi casi diventa molto importante trovare una famiglia solidale, ossia un
gruppo di persone (tra i volontari, gli amici, gli operatori di
un’associazione) che si prenda cura, segua il percorso e favorisca la costanza
nel partecipare agli incontri per permettere anche a loro di vivere momenti di
empatia, fratellanza, condivisione».
I
CLUB. Nella nostra provincia ne esistono sei di questi presidi: uno a
Manfredonia, uno a San Severo e quattro a Foggia (il Ser.T – Servizio per le
Tossicodipendenze dell’Asl di Foggia, le parrocchie di Madonna del Rosario, San
Guglielmo e Pellegrino e San Giuseppe Artigiano). «La scelta di essere presenti nelle chiese rientra in
una logica di ecologia sociale: cerchiamo di coinvolgere punti di riferimento
importanti della città per sensibilizzare la comunità di appartenenza e
favorire la creazione di relazioni. Il rischio più pericoloso, infatti, è
l’isolamento». A mandare verso l’Aicat
sono sia l’Ospedale di Foggia che il Sert, in seguito il paziente svolge un
colloquio con l’insegnante-servitore che provvede ad inserirlo nel club più
opportuno, fermo restando che si cerca di non oltrepassare le 20 unità per
incontro, sempre nell’ottica di favorire un dialogo e una condivisione più efficace.
IL RECUPERO. Sono varie le storie a lieto fine, numerose le vittime di droga, alcol e dipendenze da gioco che sono riuscite a riprendere una vita regolare; tra queste una in particolare è rimasta impressa nella mente e nel cuore della dottoressa Parisi. «Si tratta di un ragazzo giovane, sposato, che arrivò da noi in condizioni critiche a causa dell’abuso di droga, alcol e psicofarmaci, un mix che spesso è letale. Nel giro di due anni ho assistito alla sua trasformazione e devo dire che in questa circostanza emblematico è stato il ruolo della famiglia, unitissima. Agli incontri al club, infatti, venivano costantemente sia i due genitori che sua moglie, lo hanno preso per mano e condotto ad un recupero formidabile».
Andrea La Porta