Siria, la guerra non si ferma. Dopo 9 anni di violenza e distruzione i bambini pagano il prezzo più alto

«Gli attacchi sono stati molto violenti. Siamo fuggiti senza poter portare niente con noi se non materassi, coperte e alcuni vestiti. Quando ho perso il braccio, mi sentivo come se fossi morto. Ora, con mio fratello, trasporto mattoni con un solo braccio pur di aiutare economicamente la mia famiglia». A parlare è Fadi, 15 anni, che in seguito ali bombardamenti nel suo villaggio ha perso un braccio. E’ uno dei bambini che sono stati costretti a fuggire per scampare alla morte, ma l’orrore e la violenza sono ancora ben presenti sia nel fisico sia nella testa. A causa dell’escalation del conflitto a Idlib, in Siria, dunque, quasi 1 milione di persone, di cui più della metà bambini, sono state costrette a fuggire dalle loro case, abbandonando più del 45% del territorio del governatorato. Aree in cui un terzo delle abitazioni e delle infrastrutture civili sono state distrutte o gravemente danneggiate, rendendo così impossibile, in futuro, il ritorno a casa dei profughi. Intere famiglie, per sfuggire alle violenze, si sono riversate nei campi profughi a nord di Idlib, che ad oggi risultano più che raddoppiati rispetto al 2017 in termini di dimensioni e di sovraffollamento. In questi campi le famiglie vivono in condizioni sempre più precarie in aree precedentemente destinate alle attività agricole.

È lo scenario devastante e desolante che emerge da una inedita analisi delle immagini satellitari di Idlib, prima e dopo il conflitto, diffusa l’altro giorno da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro –, Harvard Humanitarian Initiative e World Vision, a pochi giorni dal nono anniversario dell’inizio del conflitto in Siria, che cade esattamente il prossimo 15 marzo. «Ibambini – sottolineano nell’analisi le Organizzazioni – sono le prime vittime dell’escalation del conflitto in corso a Idlib, la peggiore crisi umanitaria nella Siria nord-occidentale in questi nove anni. Solo lo scorso gennaio, almeno 77 bambini sono stati uccisi o sono rimasti feriti nel nord-ovest del Paese e pochi giorni fa, il 25 febbraio, 10 scuole e asili sono stati bombardati a Idlib provocando la morte di 9 bambini e il ferimento di altre decine. Numeri che raccontano la morte e la distruzione in corso a Idlib e a cui si aggiungono i circa 280 mila bambini in età scolare nella zona la cui possibilità di studiare e andare a scuola è gravemente pregiudicata».

«I bombardamenti implacabili hanno praticamente svuotato gran parte di Idlib nel giro di poche settimane, con conseguenze catastrofiche per centinaia di migliaia di bambini e di donne – ha dichiarato Sonia Khush, Direttrice di Save the Children in Siria – . Mezzo milione di bambini sono stipati in campi e rifugi di fortuna al confine con la Turchia senza accesso a beni essenziali e alla possibilità di condurre una vita dignitosa: non hanno un luogo caldo dove dormire, né acqua pulita, né cibo nutriente e non possono neanche studiare. Senza una vera de-escalation, il decimo anno del conflitto in Siria rischia di essere uno dei più sanguinosi. Il mondo non può continuare a restare a guardare e aspettare mentre i bambini vengono uccisi, feriti e sono costretti a fuggire».

Anche per questo, Save the Children e World Vision invitano tutte le parti in guerra a rispettare il diritto internazionale umanitario e i diritti umani. Tutte le parti devono proteggere le scuole, gli ospedali e le altre infrastrutture civili dagli attacchi ed evitare l’uso di armi esplosive nelle aree densamente popolate. Particolari sforzi devono essere fatti per proteggere in particolare i bambini, che sono estremamente vulnerabili all’impatto delle armi esplosive. Inoltre tutte le parti in conflitto devono consentire un accesso senza ostacoli e sicuro agli operatori umanitari.