Con la Fase 2 che ne sarà dei senza dimora oggi accolti nelle varie strutture? Per MEDU l’Italia non ha un piano di protezione per chi è più “vulnerabile”

«Manca una strategia nazionale coordinata; l’approccio delle regioni è insufficiente e fortemente disomogeneo e, nella gran parte dei casi, si affida all’iniziativa di associazioni e organizzazioni del privato sociale più che a strategie globali dei sistemi sanitari regionali». Medici per i Diritti Umani non gira troppo intorno alle parole. Durante la Fase 2 del Covid-19 la popolazione senza dimora che vive in Italia necessità di protezione, di politiche di welfare attente alla loro accoglienza e alla loro salute. Perché non è così improbabile che dopo il 18 maggio i tanti ricoveri allestiti in questi mesi per garantire una “casa” a chi abitualmente non ha casa possano essere smantellati. E’ la preoccupazione di tante realtà di volontariato che in collaborazione con le Istituzioni locali sono riuscite a garantire una sistemazione in sicurezza di quanti – per i motivi più diversi – sono costretti alla vita di strada. Ma il prossimo DPCM del Governo potrebbe instillare negli Amministratori locali la voglia di mettere termine a questa esperienza di accoglienza h24 per tornare alla normalità. Ad una normalità che per i senza dimora significa vita di strada, dormire nelle sale d’attese delle stazioni, sulle panchine, negli adroni dei palazzi, nei casolari diroccati, in condizioni igienico-sanitarie difficilissime e pericolosissime. Perché le Amministrazioni che non hanno la lungimiranza di programmare l’accoglienza dei poveri – o non l’hanno mai fatto – si troveranno senza strutture anche in questa Fase 2, dove si allargano le maglie della  libertà per i cittadini con il rischi di dimenticarsi ancora una volta dei cosiddetti “invisibili”.

E’ una preoccupazione che – non lo nascondiamo – agita il sonno di tanti volontari e volontarie che si prendono cura quotidianamente dei clochard, e che tanto hanno fatto per sollecitare le Amministrazioni Comunali per dare una “casa” a chi una casa non ce l’ha. E non parliamo di poche centinaia di persone. In Italia, infatti, si stima vi siano tra le 49.000 e le 52.000 persone senza dimora. E MEDU non ha dubbi: «Esse sono particolarmente esposte alla pandemia Covid-19: vivono sulla strada o in alloggi precari e sovraffollati dove le misure di distanziamento sociale sono impossibili; presentano spesso più patologie croniche concomitanti; hanno difficoltà di accesso ai servizi sanitari; spesso non hanno accesso regolare ai servizi igienici più essenziali. Tra la popolazione homeless – prosegue MEDU – vi sono poi gruppi che, per differenti ragioni, possono essere considerati “vulnerabili tra i vulnerabili”: le persone con età superiore ai 50 anni e/o con patologie croniche, le persone con disagio psichico, i migranti e i rifugiati. In una prospettiva sociale e, prima ancora, di sanità pubblica, la protezione dall’epidemia delle persone più vulnerabili dovrebbe essere tra le massime priorità del governo».

Ed è qui che nasce il vero problema. «Nonostante ciò, l’Italia accusa un preoccupante ritardo nel proteggere le persone senza dimora dagli effetti potenzialmente devastanti causati da Covid-19 anche nella cosiddetta Fase 2. Manca una strategia nazionale coordinata; l’approccio delle regioni è insufficiente e fortemente disomogeneo e, nella gran parte dei casi, si affida all’iniziativa di associazioni e organizzazioni del privato sociale più che a strategie globali dei sistemi sanitari regionali». Per questo, al fine di contenere l’epidemia tra le persone più vulnerabili, Medici per i Diritti Umani propone «una breve agenda operativa di 7 punti basata sia sull’esperienza medico-umanitaria di MEDU sia sull’esempio di iniziative prese da altri Paesi». La speranza è che sindaci, assessori, prefetti e tutti coloro che hanno ruoli di responsabilità sociale e politica – a partire dagli Amministratori della città di Foggia – diano uno sguardo a questi 7 punti pubblicati sulla rivista scientifica Recenti progressi in Medicina e proseguano senza ostacoli nell’esperienza di accoglienza dei senza dimora anche in questa Fase 2 altrimenti ancora una volta le associazioni ed il mondo del volontariato saranno lasciate sole a prenderci cura di un intervento complesso, che richiede personale, disponibilità economica e strutture a norma. Cioè, tutto quello che potrebbero attivare i Comuni attraverso le risorse dei Piani Sociali di Zona. E parliamo di milioni di euro mica di 10 euro trovate per strada.
Emiliano Moccia