Perché è importante regolarizzare i migranti che lavorano nelle nostre campagne. Mininni, Flai Cgil: «Non buonismo ma giustizia sociale»

«Quella per la regolarizzazione è una lotta di tutti poiché togliendo i migranti dal giogo dei caporali e della criminalità organizzata si può riuscire a rompere questo meccanismo perverso e sicuramente ne beneficeranno anche i lavoratori italiani che spesso subiscono un sotto-salario diffuso in agricoltura. Se si regolarizzano i migranti potremo batterci uniti, lavoratori italiani e stranieri, per avere il giusto salario e l’applicazione dei contratti, mentre le aziende che sfruttano non avrebbero più la possibilità di ricattare i lavoratori, anche italiani, minacciandoli di trovare chi è disposto a lavorare, per necessità, in condizioni peggiori. Questo non è buonismo. È giustizia sociale!». Giovanni Mininni, segretario generale della Flai Cgil, lo ripete come un mantra: «Questo non è buonismo. È giustizia sociale!». Intervistato ieri dall’agenzia Redattore Sociale Mininni è tornato a chiedere al Governo italiano atti concreti a favore dei braccianti agricoli che durante questi mesi di lockdown hanno continuato a lavorare nei campi, spesso sfruttati e senza diritti, per garantire l’arrivo di generi alimentari nei supermercati di tutta Italia. Il Governo è ancora al lavoro per trovare un intesa, spesso troppo diviso su un tema su cui in realtà c’è poco da litigare: la regolarizzazione dei braccianti non solo è un diritto, ma rappresenta l’unico sistema per dare un altro colpo al caporalato e allo sfruttamento.

Non a caso, intorno a questa richiesta è nata una rete nazionale che chiede a gran voce all’esecutivo: #Regolarizzateli. In gioco c’è anche il diritto alla salute. Nei ghetti e nelle tendopoli in cui vivono migliaia di stranieri irregolari, infatti, lavarsi le mani o rispettare le distanze di sicurezza è impossibile. Mancano acqua corrente ed energia elettrica, l’accesso alle cure è inesistente e anche il lavoro informale è difficile da trovare, perché le persone hanno paura di uscire a cercarlo. Sul tema, il governo è al lavoro, ma le discussioni all’interno dell’esecutivo hanno fatto temere nuovi rinvii nel Decreto. Al centro del dibattito, la durata del permesso di soggiorno da concedere ai migranti. «Non si fa altro che sparare numeri, di quanti irregolari ci sono, di quanti ne abbiamo davvero bisogno, di quanti si possono regolarizzare e per quanto tempo – ha detto Mininni – . Un dibattito di questo livello non ci appassiona, men che mai ci appassiona l’idea di dover parlare dei migranti come se fossero degli ospiti di cui ci fanno ora comodo le loro braccia ma che, una volta terminate l’emergenza e la stagione di raccolta, possiamo serenamente accompagnare alla porta».

Caporalato, ghetti, sfruttamento sono tematiche che la provincia di Foggia conosce molto, troppo bene. E non soltanto per i 16 braccianti morti nell’agosto del 2018. Il nostro, dunque, è un territorio fortemente interessato al fenomeno e chi lo mastica con competenza sa bene quanto sia essenziale giungere quanto prima alla regolarizzazione dei migranti impegnati nella raccolta dei campi nei nostri territori. La Flai Cgil di Foggia è impegnata da anni non solo per assistere i migranti che vivono nei ghetti, ma anche per far crescere la consapevolezza dei loro diritti. Raffaele Falcone è tra gli operatori della Flai Cgil che segue da vicino le vicende dei migranti, uno di quelli che si sporca le mani, che va in giro, che non teorizza il fenomeno ma che lo conosce a fondo. «Regolarizzare – ha scritto su facebook qualche giorno fa Falcone – vuol dire migliore le condizioni di tutti i lavoratori e lavoratrici. Chi oggi è senza permesso è più vulnerabile, ricattabile è costretto a lavorare per poco. Deve accontentarsi di 3 euro per campare. Avere un documento vuol dire rivendicare un contratto di lavoro e un salario contrattuale. Chiediamo i permessi di soggiorno non solo per i lavoratori stranieri ma per migliore la condizione di tutte e tutti».

Anche Avvocato di Strada di Foggia ha seguito in tante cause i braccianti vittime di sfruttamento e caporalato. Molti volontari Avvocati ogni anno d’estate si recano nei ghetti della Capitanata per offrire consulenza legale gratuita a chi ne ha bisogno, a chi è stretto nell’ingranaggio del lavoro nero. Claudio de Martino, coordinatore dello Sportello di Foggia, è tra quelli più attivi. E in un recente post su facebook spiega l’importanza della regolarizzazione come se la spiegasse ad un bambino: «Mettiamola così: sei immigrato, non hai un regolare permesso di soggiorno e non puoi stipulare un regolare contratto di lavoro. Però stai in Italia, l’Italia non ha né i mezzi economici né gli strumenti giuridici per rimandarti “a casa tua” Sicché resti qua, e in qualche modo devi sopravvivere. Se sei una persona onesta, che non si vende alla malavita, non ti resta che lavorare a nero per qualche sfruttatore. Perciò, dare un documento valido a chi dimostra di lavorare in agricoltura può aiutare a combattere il lavoro nero».
Emiliano Moccia

Foto: Welfare Network