Da Closcià a Camini per raccontare la bellezza dell’incontro e due migrazioni differenti. L’arte di Alessandro Tricarico al servizio dell’accoglienza

«A sinistra l’occhio di Mohammed, ragazzo siriano di 14 anni arrivato a Camini 4 anni fa. A destra l’occhio di Rodolfo, detto Roró, migrato in Germania negli anni ’60 e che a causa di una malattia non può più tornare». A raccontare queste due storie che si uniscono è il fotogiornalista Alessandro Tricarico, l’autore dell’opera composta in due giorni e che sarà inaugurata a Camini. Tricarico, per intenderci, è l’autore del murales di Closcià che a Foggia lo scorso mese di dicembre ha attirato l’attenzione sul problema dei senza dimora. Ed ora, l’artista è andato a Camimi, in Calabria, in questo piccolo paese dell’entroterra calabro, divenuto modello internazionale di accoglienza e rinato proprio grazie all’arrivo di migranti e rifugiati. Da qualche anno in questo paese Amnesty International Italia propone un Summer Lab, uno dei campi estivi promossi per offrire l’opportunità non solo di conoscere meglio e più da vicino le dinamiche di soccorso in mareaccoglienza e protezione in Italia, ma anche di indagare le vite vissute oggi sulle altre sponde del Mare Nostro. «L’idea alla base di queste fotografie – spiegano da Amnesty – è quella di raccontare Camini, che a distanza di 50 anni rimane al centro di storie di migrazioni, di chi parte e di chi arriva alla ricerca di una vita migliore».

Ad entrare con maggiore profondità nella storia dei due soggetti scelti per la sua opera, è invece lo stesso Tricarico attraverso il suo profilo facebook: «Questa è la storia di due bambini che non si sono mai conosciuti, Mohamed e Rorò. Questa è una storia di due migrazioni avvenute a quasi 40 anni di distanza, a dimostrazione che la storia è un cerchio più che una linea temporale. Questo è un piccolo paese dell’entroterra calabrese, Camini, dove vivono circa 400 abitanti. Di questi quasi un centinaio sono migranti. Rodolfo, detto Rorò, come tanti è dovuto emigrare in Germania per sperare in una vita migliore. Mohamed invece è scappato dalla Siria circa 4 anni fa e dopo un calvario infinito, insieme alla sua famiglia, è arrivato a Camini. Adesso lo sguardo di entrambi sovrasta la piazza principale del paese, dove scorre la vita di tutti i giorni e si incontrano quotidianamente diverse culture. I bambini siriani giocano insieme a caminesi, i ragazzi eritrei lavorano nelle botteghe di artigianato e nelle imprese locali e le donne nigeriane utilizzano telai per produrre capi stupendi ereditando la vecchia arte della tessitura. Come se fosse la cosa più normale del mondo, e sicuramente lo è, esseri umani che si incontrano e condividono pezzi di vita, e fanno la spesa negli stessi negozi e ridono e parlano e si innamorano. Nessuna differenza, nessun pregiudizio».

Un’opera, dunque, che come nel caso di Closcià vuole proporre domande, riflessioni, martellare le nostre comode coscienze. «Adesso mi chiedo: cosa ci spaventa? Cosa ci fa credere che dall’incontro di culture diverse non possa che nascere bellezza? Cosa permette ad una propaganda politica bieca e priva di qualsiasi fondamento di spezzare questi processi che non solo arricchiscono chi li vive, ma salvano paesi dallo spopolamento, permettono a ragazzi come Rorò di non emigrare e a tanti Mohamed di dormire notti serene? »Io la risposta a queste domande ce l’ho, e voi?».
Emiliano Moccia