A Foggia, nel “ghetto” di Borgo Mezzanone, a denunciare le difficoltà di emersione dei lavoratori agricoli, nel giorno in un cui un bracciante nigeriano diretto in bici nei campi viene ferito all’alba da un’arma caricata a pallini. «Un atto vigliacco, per il quale chiediamo a magistratura e forze dell’ordine di fare piena luce. Al ragazzo va la solidarietà e il sostegno della nostra organizzazione», afferma il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo. «Se fosse confermata la matrice razziale, dopo gli episodi di qualche anno fa di lanci di pietre da auto in corsa – gli fa eco Antonio Gagliardi, segretario generale della Flai pugliese – sarebbe il segnale di un odioso clima di intolleranza che non può rimanere senza risposta da parte delle istituzioni».
Come se non bastassero già le difficoltà che vivono gli operai agricoli della Capitanata come dell’intera regione. Lo spiega Mohammed, liberiano, un passato a Brescia nelle fabbriche, poi la perdita del lavoro e la scelta di scendere nell’inferno dello slum che sorge a dieci chilometri da Foggia. «Noi non siamo qui per fare casino, siamo qui per lavorare. Viviamo in baracche, in condizioni al limite. Se fossimo in regola pagheremmo le tasse, potremmo fare un contratto d’affitto, rivendicare i nostri diritti. Invece le norme non favoriscono questo, le leggi ci hanno messo nella condizione di perdere il titolo di soggiorno. Noi diciamo fateci lavorare, il pomodoro che arriva nelle vostre case lo raccogliamo noi, la schiena che si spezza è la nostra».
La conferenza stampa indetta sulla ex pista aeronautica di Borgo Mezzanone da Cgil e Flai regionale e provinciale proprio per denunciare l’impatto deludente che sta avendo sul settore primario le norme per l’emersione del lavoro nero in agricoltura e nel lavoro domestico, inseriti nel Decreto Rilancio. Mentre i fenomeni di lavoro irregolare e la pratica del caporalato è sempre diffusa, come confermano anche gli arresti e le indagini della magistratura di questa prima parte di estate. «Al 31 luglio sono solo 797 domande di regolarizzazione di lavoro agricolo in provincia di Foggia, 1781 in tutta la Puglia. A fronte di una platea molto vasta di lavoratori che soprattutto a causa dei Decreti Sicurezza ha visto perdere il diritto al rinnovo – sottolinea Gagliardi – . Avevamo denunciato già al varo della norma i limiti legati alla condizionalità temporale che permette l’accesso alle domande solo a quanti avevano un permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, così come il limite del 15 agosto per la presentazione delle istanze andrebbe prorogato». Di contro, «il tasso di irregolarità resta elevato: a leggere i dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro, in Puglia nel 2019 le imprese oggetto di ispezioni sono state 1.538, a fronte delle 78mila imprese attive. Altro che militarizzazione del territorio, come affermano le associazioni datoriali che fanno propaganda contro la legge 199. Ebbene il 55,2%, la metà, risulta non in regola. Mentre le irregolarità che emergono dalla vigilanza tecnica salgono quasi al 90%. E di contro è ancora basso il numero di imprese che aderisce alla Rete agricola del lavoro di qualità, 970 in tutta la regione, ovvero l’1,24% del totale. I nodi della rete dovrebbero essere il luogo dove costruire quei percorsi di regolarizzazione dell’intermediazione, del trasporto, dell’accoglienza, ma se le imprese lo boicottano permettono che si perpetuino condizioni insostenibili come quelle dei ghetti».
FOGGIA, CAPORALATO E RITARDI CULTURALI DELLE IMPRESE
«Quasi il 90 per cento delle domande di regolarizzazione riguarda il lavoro domestico. In agricoltura le aziende non di operai agricoli hanno bisogno, ma di braccia. Uno vale l’altro, come se non vi fossero specializzazioni legate alle colture, senza formazione, senza fidelizzazione magari di chi sa meglio svolgere determinate mansioni – dice Daniele Iacovelli, segretario generale della Flai di Foggia – . Conta solo l’abbattimento dei costi. Ma quale futuro può avere un settore così importante e strategico per la nostra economia se ancora questa è la visione? Allora se non c’è collaborazione ai tavoli istituzionali l’unica strada rimane la denuncia e l’intensificare i controlli».