Non si contano i politici che da destra e sinistra hanno ripetuto come un mantra, riferendosi ai migranti che si spingono verso le coste italiane ed europee in cerca di un futuro migliore, «aiutiamoli a casa loro». Ebbene, numeri alla mano, questa retorica litania che in tanti hanno venduto e che continuano a vendere per mascherare un razzismo latente di non facile accettazione neanche a se stessi, è un bluff. Una bugia, l’ennesima. Perché gli aiuti alla cooperazione anziché crescere, diminuiscono. Ed invece, aumentano le solite frasi fatte – da destra e sinistra è sempre bene ricordarlo – che dicono: «Aiutiamoli a casa loro». Alla vigilia del 50° anniversario della promessa fatta dai Paesi ricchi alle Nazioni Unite, di destinare lo 0,7% del loro reddito nazionale lordo (rnl) in aiuto pubblico allo sviluppo (aps), Oxfam denuncia il completo fallimento di questo fondamentale impegno: in 50 anni ai Paesi in via di sviluppo sono mancati all’appello 5.700 miliardi di dollari, ossia circa 114 miliardi all’anno.
Dall’analisi condotta da Openpolis e Oxfam nel nuovo dossier “Cooperazione Italia 2020, tra declino e un futuro incerto”, scende a 0,22% il rapporto tra aiuto pubblico allo sviluppo e reddito nazionale lordo raggiunto dall’Italia nel 2019. Una inarrestabile e pericolosa discesa in termini reali, che fa segnare un – 11,8% tra il 2018 e il 2019. Nel 2017 erano oltre 5 miliardi di euro le risorse destinate alla cooperazione, nel 2019 non sono stati raggiunti nemmeno i 4, fermandosi a 3 miliardi e 897 milioni. «L’Italia, come tutti i paesi del comitato Ocse Dac, si era nuovamente impegnata a raggiungere quota 0,7% aps/rnl per centrare l’obiettivo dell’Agenda 2030 a questo dedicato – ha detto Francesco Petrelli, portavoce di Oxfam Italia – . Un impegno che cerca di rivitalizzare una promessa del tutto disattesa dalla maggior parte dei paesi donatori. Il nostro Paese, come altri, si era però posto anche un obiettivo intermedio che consisteva nel raggiungere lo 0,30% entro il 2020. Un traguardo raggiunto momentaneamente nel 2017 ma a cui, per 2 anni consecutivi, è seguita una forte riduzione che nel 2019 ha riportato il rapporto aps/rnl ai livelli del 2015. Scendiamo così nella classifica dei paesi Ocse Dac, passando dal 18° al 19 posto».
Come nel 2018, anche quest’anno è emerso come in sede di legge di bilancio gli importi indicati dal Ministero dell’Interno per il settore della cooperazione risultassero ampiamente sovrastimati. Nel 2019 sono stati stanziati 1,67 miliardi di euro per la voce di spesa “rifugiati nel Paese donatore” – cifra molto simile a quella prevista nel 2018 e 2017 – nonostante il drastico calo degli sbarchi, passati da 120.000 nel 2017 a 23.000 nel 2018 e dimezzatasi ulteriormente nel 2019 (poco più di 10mila arrivi). L’aps al contrario ha scopi e finalità, quali la lotta alla povertà nei Paesi di origine dei flussi migratori, lo sviluppo, il perseguimento degli obiettivi dell’Agenda 2030. In particolare lo stanziamento negli anni di una componente dell’aps per i costi dei rifugiati risulta palesemente sovradimensionata rispetto all’evoluzione e ai numeri del fenomeno migratorio e quindi non giustificabile. «Ci troviamo di fronte ad allocazione di fondi che entrano in bilancio come aps e che poi solo in parte sono ritenute dall’OCSE eleggibili e computabili nell’aiuto pubblico italiano – ha aggiunto Petrelli – Questo fenomeno configura da un lato una profonda incoerenza a dall’altro una gestione opaca da parte del Ministero dell’Interno».
Nel 2019 solo 5 paesi – Lussemburgo, Norvegia, Svezia, Danimarca e Regno Unito – hanno raggiunto o superato l’obiettivo dello 0,7%: la media tra i paesi OCSE è stata appena dello 0,30%, leggermente al di sotto degli anni precedenti. «Cinquant’anni di promesse disattese significano 5.700 miliardi di dollari mai arrivati nelle casse dei paesi più poveri, 260 milioni di bambini senza istruzione, metà della popolazione mondiale senza accesso ai servizi, 2 miliardi di persone in condizione di insicurezza alimentare cronica. Senza pensare che la spesa in aiuto internazionale è solo una piccola parte di quanto i governi ricchi non investano in altri settori: i sussidi per i combustibili fossili, per esempio, sono costati 320 miliardi di dollari solo nel 2019».
Senza dimenticare, che oggi gli aiuti internazionali sono quanto mai necessari per contrastare l’impatto socio-economico del Covid19 e dei cambiamenti climatici. La crisi economica che stiamo vivendo rischia di ridurre in povertà da 200 a 500 milioni di persone, rendere volatili gli stanziamenti in aiuto pubblico dei paesi ricchi, impedire a quelli poveri di investire in servizi essenziali – cibo, salute, istruzione – e far fronte alle altre misure indispensabili di protezione sociale, essenziali per combattere disuguaglianza e povertà. L’aiuto allo sviluppo, in tempi di pandemia, non è un gesto di beneficienza o carità, ma di giustizia.