Antonio era il classico Senza Dimora: anni di vita in strada, alcolista, una carriera lavorativa interrotta e una separazione dolorosa. Da due anni, però, vive in una casa, non si tira indietro quando c’è la possibilità di lavorare e si prende cura di sé. Antonio è una delle oltre mille persone che in questi anni è stato coinvolto in uno dei progetti di Housing First, grazie ai quali la persona senza dimora viene accolta direttamente in un appartamento (evitando il dormitorio), magari in condivisione con altri senza tetto, e seguita dagli operatori in un percorso che la porti a diventare autonoma. La Fio.psd (Federazione italiana organismi per i senza dimora) ha presentato oggi i risultati del monitoraggio effettuato nel periodo 2017-2019 su 31 progetti di Housing First. Modello sviluppato a New York da Sam Tsemberis negli anni ’90, oltre agli Stati Uniti, Canada, Australia, anche in Europa negli ultimi anni molti Paesi hanno applicato il modello. In Italia è stato portato da fio.PSD nel 2014 con la sperimentazione proposta a oltre 50 enti.
Ebbene, su 420 persone che hanno avuto accesso a questo tipo di progetti, solo il 7% ha abbandonato. Gli altri vivono ancora in casa e tra questi il 23% ha una vita autonoma, in una casa di cui paga l’affitto. «In questi anni di sperimentazione – ha detto la presidente della fio.PSD – Cristina Avonto – l’Housing First ha dimostrato che può salvare la vita alle persone Senza Dimora! Nessuno viene abbandonato, si coinvolge una comunità e si attivano i proprietari di casa. Costa meno di altri servizi che non ottengono risultati analoghi e moltissimo meno di altre soluzioni emergenziali. Garantisce concretamente il riconoscimento dei propri Diritti. Infine, e molto importante in questi tempi di restrizioni e chiusure, mette in sicurezza dalla pandemia, tutti». L’Housing first si sta rivelando anche più conveniente dal punto di vista economico. L’accoglienza in appartamento costa in media 26 euro al giorno a persona. Nei grandi dormitori, invece, 19 euro al dì, ma senza i servizi personalizzati che solo una piccola ospitalità, come può essere quella in appartamento, può garantire. L’Housing First costa decisamente meno dei centri a bassa soglia aperti h24 (32 euro al giorno), del carcere (137 euro), delle comunità psichiatriche (da 140 a 160 euro) e di un ospedale (600 euro).
I 31 progetti di Housing First sono presenti in 29 città distribuite tra 9 regioni. I progetti sono attivi soprattutto nel Nord Italia ed in Sicilia, mentre si stanno avviando sperimentazioni in altre territori del Mezzogiorno. In Puglia, per esempio, si sperimenterà a Bari, mentre Foggia anche con il Piano di Contrasto Locale alle Povertà ha perso l’occasione di sperimentare questa innovativa soluzione di accoglienza. Peccato. Perché i numeri della fio.PSD e la sua esperienza raccontano altro. Prima di accedere al progetto solo il 27% aveva un lavoro, con la vita in appartamento la percentuale è salita al 44%, segno che ha potuto riprendere in mano la propria vita. Prima il 36% era senza reddito, dopo solo il 12%, mentre gli altri hanno un reddito da lavoro, oppure hanno avuto accesso a forme di sostegno o alla pensione. Dei 177 appartamenti monitorati per l’indagine, il 47% è stato reperito dagli enti gestori nel mercato privato, il 27% nel patrimonio pubblico e il 26% in quello ecclesiastico. «Un aspetto interessante è che sempre più spesso sono i privati a contattare gli organismi per i senza dimora per offrire appartamenti per i progetti di Housing First – ha evidenziato Avonto -. Questo grazie al passaparola, che parte da chi ha già messo a disposizione un alloggio di proprietà e ne è rimasto soddisfatto perché ha visto che crea una reale opportunità per i senza dimora».