di Ruggiero Di Cuonzo
Parafrasando il titolo di un libro di Primo Levi, “Se questo è un uomo“, se dovessi scrivere un libro sulla violenza contro le donne e i femminicidi, lo intitolerei: “Se questo è amore“. Chi uccide una donna, madre o figlia, sposa o compagna, afferma di amare la propria vittima o perlomeno di averla amata. Quale distorta e malsana concezione di un sentimento, l’amore, che deve essere dedizione, rispetto e trasporto verso la persona amata. Soprattutto rispetto.
Ogni anno il numero dei femminicidi aumenta ed è ormai al primo posto nelle cause di morte violenta delle donne, in contrasto con il fenomeno degli omicidi, in calo negli ultimi tempi.
Tutto questo deve farci riflettere su quanto sia più che mai necessario porre contrasto a questo fenomeno che è trasversale nella nostra società e prescinde dalle classi sociali o dai contesti economici. Il più delle volte, il dramma si consuma tra le mura domestiche, luogo dove una donna dovrebbe sentirsi protetta e circondata dall’affetto di chi le vive accanto.
Stupri, violenze fisiche e psichiche, fenomeni di stalking, fino ad arrivare al femminicidio fanno, purtroppo, parte della cronaca quasi quotidianamente.
La maggior parte di questi episodi, mi verrebbe da dire quelli meno gravi ma sbaglierei, perché sono tutti di una gravità inaudita e spesso il preludio all’assassinio, non vengono denunciati dalle stesse vittime. Spesso in virtù di una flebile speranza che si tratti di episodi che non si ripeteranno più. Spesso a causa di un amore, comunque malsano e molto spesso per timore e per vergogna.
La nostra società deve fare i conti con questo fenomeno. Deve farlo in fretta perché ogni giorno perso significa una vita persa. Una donna segnata per sempre dalla violenza.
In questo periodo di pandemia e di convivenza forzata tra coppie già toccate da questo fenomeno, il rischio è ancora più elevato.
Bisogna intervenire in maniera più incisiva nel contrasto alla violenza sulle donne. Intervenire dal punto di vista culturale e della disponibilità di fondi destinati a tutte quelle azioni di contrasto al fenomeno. Incentivare i Centri Antiviolenza. Intervenire nelle scuole per educare al rispetto della vita umana ed in special modo di quella delle donne.
Una donna non si “possiede” ma si ama. Non può esistere il diritto di considerare la donna come un oggetto da possedere e da utilizzare a proprio piacimento.
Il 25 novembre è la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. La data fu scelta da delle attiviste donne in un incontro Femminista Latino Americano e dei Caraibi, tenutosi a Bogotà nel 1981 in ricordo delle tre sorelle Mirabal assassinate brutalmente nel 1960 in quella data, da agenti del regime reazionario del dittatore della Repubblica Dominicana, Rafael Leonidas Trujillo.
Una delle iniziative che vengono poste in essere in questa giornata è quella di dipingere una panchina di rosso, lo stesso colore del sangue di tutte le donne vittime di femminicidio e di violenza, in vari luoghi e di scriverci sopra frasi e dediche a tutte coloro che hanno visto infranto il loro sogno di vita e la loro speranza in un amore vero e sano, non malato.
La Città di Foggia, spesso nota alle cronache per episodi di violenza e di mafia, attraverso l’iniziativa del Comitato cittadino “La Società Civile” che ha visto aderire più di quaranta Associazioni, questo 25 novembre avrà un ruolo di primo piano con l’installazione o l’adozione di oltre quaranta panchine distribuite in ogni angolo della stessa città. Tutte di colore rosso. L’iniziativa sarà patrocinata dal Comune di Foggia che ha previsto anche delle targhe da apporre sopra ogni panchina. La società civile della Città di Foggia ha voluto dimostrare quanta attenzione c’è da parte delle Istituzioni e delle Associazioni di ogni natura, nei confronti di questo fenomeno e di quanto sia indispensabile porre in essere iniziative di sensibilizzazione verso ogni forma di violenza compresa quella di genere.
Voglio ringraziare tutti coloro che hanno ideato questa manifestazione e tutti coloro che non hanno esitato un attimo a dare la propria disponibilità e a profondere il proprio impegno a volte anche economico. Con la disponibilità di tutti i media locali e non solo, questo 25 novembre potrà essere una giornata di riflessione e di confronto sula necessitò di intervenire per porre contrasto a tutte le forme di violenza in special modo in questa Città solidale e a dispetto di tutto e di tutti quelli che non le rendono onore.
Di seguito un monologo scritto da una donna molto attenta al tema in oggetto. E chi meglio di una donna può raccontare lo stato d’animo di tutte quelle donne che hanno subito violenza.
Rosso porpora. E il disegno si allarga. Nero come l’ombra, come il buio profondo. Duro. Come il cemento. Questo fischio. Zzzzz. Come quello di un treno lontano. Questo ronzio, vibrante, insistente. Mi abbandono e non mi pare strano. Il nero mi ingoia. Quel ronzio è ancora lì. Zzzzz. Come una zanzara nelle notti d’estate. Ti toglie il sonno, ti toglie la pace. Chiudo gli occhi. Son troppo stanca. Non voglio lottare. Non posso lottare. Ero meraviglia, poi dannazione. Ero amore e poi distruzione. Son qui sull’asfalto e non sento più male. Anche il dolore è un ricordo lontano, come quel treno che non è più arrivato. C’ero già stata in quel nero profondo. Era l’inferno e non lo sapevo. Ora è silenzio. Forse avrò pace. A te la guerra e l’eterno Averno.
di Cinzia Rizzetti – L’inferno è ora