l silenzio è rotto solo dalla lettura dei nomi. Un silenzio reso assordante da questo momento storico forzato dalla pandemia, dalle zone rosse e dalle strade tristemente vuote.
Riecheggiano nell’Auditorium del Parco della Musica a Roma con la diretta Rai, ma anche dalla Mole Antonelliana, dal Teatro Massimo di Palermo, dal lungarno, dal rettorato di Catania, nello stabilimento della Whirpool di Napoli, nella Basilica di San Mauro a Casoria, nella comunità Emmaus di Foggia, da tutti i coordinamenti, dalle scuole, giardini, comunità che ospitano i tanti lettori, da Nord a Sud, che si alternano in questo lungo elenco.
A ricordare e riveder le stelle,
Ogni nome una vita, una storia, tante storie che con Libera si incontrano nello stesso firmamento. Ogni nome è una ferita che si rinnova, un macigno cadente e insultante per chi ancora aspetta giustizia. Ancora più forte si avverte il vuoto di chi è stato strappato a questa terra e ai suoi cari per un destino vigliacco deciso da criminali mafiosi.

La giornata della memoria e dell’impegno che si celebra il 21 marzo di ogni anno nasce dalla sofferenza di una mamma, Carmela, che durante la commemorazione della strage di Capaci straziata dal dolore si avvicina a Don Ciotti in preghiera e gli chiede: “Sono la mamma di Antonino Montinaro caposcorta di Giovanni Falcone. Perché il nome di mio figlio non lo dicono mai? È morto come gli altri”. E’ la richiesta di un’identità negata ad Antonino, ma anche a tanti uomini e donne caduti per una mano assassina. È un grido di dolore che si aggiunge.
“Il primo diritto di un uomo è di essere chiamati per nome” afferma Don Ciotti presidente di Libera, e 1032 sono i nomi di vittime innocenti di mafia che vengono ricordate in questa giornata di primavera che si presenta fredda e piovosa come l’animo di chi ricorda.
Un giorno dedicato alla riflessione, all’impegno e, appunto, alla memoria.
Mentre gli anni precedenti hanno visto piazze gremite, bandiere colorate, ragazzi e giovani inondati dal desiderio struggente di conoscenza e verità, quest’anno la memoria corre sul web nelle tante dirette online, nei luoghi simbolo o scelti come valore simbolico.
Tante voci in un unico coro hanno scandito con la stessa determinazione i nomi delle vittime, perché se è vero che la mafia uccide, anche il silenzio lo fa e la memoria diventa vitale impegno quotidiano. Una cadenza precisa e dolorosa, una via crucis necessaria come pietra d’inciampo a scuotere le coscienze. Perché ci sono mancanze dolorose che diventano costanti presenze. Lo sanno bene Bruno, Massimo, Pinuccio, Salvatore, Daniela, Paolo, Roberto, Arcangela, Marianna, Giovanna, Michele e tutti i familiari di vittime innocenti a cui viene chiesta una necessaria rassegnazione. Sul loro volto inciso con il fuoco del dolore l’impegno di chi invece non ci sta a rassegnarsi al puzzo della mafia, al sangue versato e continua a lottare per ogni vittima, per ogni parente, per ogni sopraffazione. Non ci stanno a fermarsi di fronte a quella solidarietà ipocrita e parolaia (cit. Bruno Vallefuoco) e continuano la loro buona battaglia per far sì che ad altri non venga riservato lo stesso dolore.
“Abbiamo bisogno di non perdere la nostra anima – tuona con vigore Don Ciotti dal palco dell’Auditorium – e c’è bisogno di uno scatto in più”.
Insieme siamo chiamati a ribellarci a ogni forma di violenza criminale, a ogni forma di dittatura, a ogni povertà, alla corruzione. Chiamati da un senso di giustizia ma ancor prima smossi dalle nostre coscienze. Insieme – di fronte alle immagini della piccola Noemi Staiano, vittima di un proiettile esploso in un agguato di camorra -, dobbiamo non solo indignarci ma anche reagire con azioni concrete, come fanno la mamma e il papà della piccola che non si stancano di portare la loro testimonianza sull’importanza di non cedere alle lusinghe della camorra e a chiedere giustizia per la loro famiglia.
Siamo chiamati a non soccombere e a perseguire i nostri sogni nonostante chi vuole spezzarli, come suggeriscono Luca Vigilante (manager sotto scorta, già vittima di numerose intimidazioni nelle sue residenze sanitarie a Foggia) e Pietro Fragasso (presidente della cooperativa ‘Pietra di Scarto’), che in un’intervista doppia trasmessa dal sito partner Foggia Città Aperta, hanno parlato (anche) dei loro sogni: “Il mio è che tutte le persone – rivela Luca Vigilante – possano sentirsi pienamente liberi e soprattutto che tutti abbiano facilità di accesso per qualsiasi loro sogno”. A lui fa eco Pietro Fragasso: “Il mio sogno credo che debba essere un sogno collettivo. Il mio territorio libero dalle mafie attraverso una partecipazione collettiva che passa attraverso un livello di consapevolezza che definisca la libertà come opposizione alle mafie”.

Per entrambi un sogno che guarda alla collettività, un sogno di rinascita per un intero territorio devastato dalla mafia e dai suoi affari sporchi. Una mafia violenta e sanguinosa che non si fa scrupolo di affamare, tiranneggiare e lastricare le strade del sangue d’innocenti.
Restano ancora tante le vittime senza un nome a cui è stato negato il diritto ad un’identità. Restano ancora tante morti senza un colpevole a cui è stato negato il diritto alla giustizia. Oltre il settanta per cento delle famiglie non conosce la verità.
Per molti parenti non c’è stato nemmeno un processo. Altri sono riusciti ad avere parziali verità.
Vincenzo Agostino aspetta, dopo 32 anni, di sapere la verità sull’omicidio di suo figlio Nino e della nuora Ida Castelluccio. In tutti questi anni la sua barba bianca è cresciuta dopo la promessa fatta a se stesso di non tagliarla fino al raggiungimento della verità tutta intera. Il 19 marzo, giorno di San Giuseppe, Nino Madonia uno dei fidati della cupola di Totò Riina, è stato condannato all’ergastolo, un regalo per un papà che non si è arreso e che ha fatto della sua barba bianca un simbolo di resistenza e perseveranza.
È ora di sapere, sarebbe ora di assegnare nomi a vittime e carnefici.
“A quelle impossibilitate stelle a cui fu impedito di brillare,
divennero loro malgrado memoria comune.
A quei passi che senti nel silenzio riecheggiare.
Alle folate di vento su strade deserte e visi di rimpianto.
A quel grido morto sul nascere che lascia sgomento.
Agli strappi nell’anima e all’implacabile dolore.
Un dì usciremo a ricordare e riveder le stelle”
Cinzia Rizzetti
(Articolo realizzato all’interno del laboratorio di giornalismo & scrittura creativa presso il “Centro Diurno Il Dono”, finanziato dall’Otto per Mille della Chiesa Valdese).