Riti voodoo e infibulazione per sottomettere le donne: è questa l’umanità che vogliamo?

di Iole Cocco

I riti voodoo e l’infibulazione sono due facce della stessa medaglia, amici, alleati che hanno un solo scopo: sottomettere la donna. Si, perché, mentre il primo ha lo scopo di piegare le donne tramite la manipolazione mentale, l’infibulazione ha l’obiettivo di spegnerle. Non è un’uccisione fisica, ma una soppressione genitale.

La pratica voodoo
Daniela Diliddo, psicoterapeuta e insegnante di Italiano del progetto “Ragazzi Sprint” spiega come la tratta dei minori e i riti voodoo siano strettamente correlati. «La madama, una donna che è generalmente un’amica di famiglia o una zia, collabora con dei trafficanti che avranno lo scopo di assicurare il viaggio e trovare un lavoro alle ragazze, ma prima che queste partano il prete svolge una cerimonia per il rito voodoo». La cerimonia si dimostra essenziale per incatenare le giovani donne che, una volta arrivate in Italia, si ritroveranno senza un reale lavoro e saranno minacciate e costrette a prostituirsi. Non è facile per le minori allontanarsi da tale pratica poiché immerse e nate in determinati contesti culturali che le hanno da sempre spaventate elargendo le tragiche conseguenze degli oppositori. È questo il motivo per cui spesso si ritrovano a prostituirsi per mandare i soldi a casa e salvare così se stesse e la propria famiglia. Il circolo vizioso si spezza solo quando le donne decidono di denunciare alle autorità l’accaduto, ma è un percorso molto lungo, che vede spesso la collaborazione di mediatrici, donne connazionali che hanno dato spazio alla razionalità e anch’esse hanno denunciato l’accaduto, o delle psicoterapeute che le aiuta nel percorso di crescita.

L’infibulazione: soppressione genitale
L’infibulazione è una mutilazione genitale femminile che prevede la rimozione totale o parziale degli organi genitali femminili esterni. Non è una pratica medica, ma ciò nonostante è ancora diffusa tradizionalmente in almeno trenta Paesi, molti dei quali africani. «Zola (nome di fantasia) una volta arrivata in comunità raccontava di come non riuscisse a trattenere le feci durante la minzione – ricorda Diliddo – . Inizialmente ci sembrava strano, ci chiedevamo come fosse possibile, ma dopo un controllo medico ci rendemmo conto della drammaticità della situazione». La giovane donna riportava ferite fisiche e psicologiche molto gravi, perché «era stata violentata a quattro anni per poi essere sottoposta alla chiusura genitale tramite infibulazione», ma le atrocità non si fermano qui poiché «una volta arrivata in Libia fu nuovamente violentata e fu costretta a prostituirsi». La ferocità degli abusi subiti l’aveva portata a non avere più la zona perianale causandole infertilità e diversi problemi all’intestino. Ma Diliddo rassicura e spiega come adesso la ragazza stia meglio: «Con l’intervento di tre operazioni chirurgiche e diverse cure la ragazza ha riacquistato le sue normali funzioni fisiologiche ritornando ad essere fertile». Tuttavia le atrocità subite sono più difficili da cancellare nella mente.

Il progetto “Ragazzi Sprint”
È per questo che è sempre più urgente insegnare ai ragazzi il rispetto per le ferite e le fragilità umane. La Regione Puglia cerca di farlo attraverso una rete scolastica ben fornita di educatori competenti. È da questa ideologia che nasce il progetto “Ragazzi Sprint” che si offre come un’opportunità per educare i minori stranieri non accompagnati (MSNA) dal punto di vista culturale, educativo e linguistico. Le attività sono promosse dall’Ambito Territoriale di Cerignola in Associazione Temporanea di Scopo con la cooperativa sociale Medtraining, Un Sorriso per Tutti, Sportello immigrazione “Stefano Fumarulo”. L’iniziativa è resa possibile grazie all’Avviso Pubblico Discrimination Free Puglia, con cui la Regione Puglia punta alla realizzazione di interventi di contrasto alle discriminazioni di ogni tipo.

Foto di Pina Suriano