Anna ha solo 17 anni quando per le strade di Palermo sparisce misteriosamente nel nulla, con il suo bambino ancora in grembo. E’ il 10 marzo del 1878 e da quel giorno ad oggi sono trascorsi 143 anni. Ma la sua memoria è ancora viva, il suo nome echeggia ancora, la sua storia chiede ancora giustizia. Anna Nocera è vittima del primo femminicidio di mafia in Italia ed il suo nome apre il lungo elenco di vittime innocenti di mafia che Libera cura da 26 anni e che diffonde ogni anno in occasione del 21 marzo, “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”.
La piattaforma Vivi.libera.it
La storia della giovane Anna è custodita e condivisa sulla piattaforma multimediale vivi.libera.it, che «attraverso immagini, fotografie, audio, video e testimonianze ha l’obiettivo, grazie all’idea di Daniela Marcone, di raccontare tutte le 1.032 vittime innocenti di mafia, di dedicare a ciascuna di loro una scheda completa e di restituire in questo modo la loro memoria» spiega Federica Bianchi, collaboratrice di Libera per l’Area Memoria, impegnata in questa particolare attività di ricerca e di scrittura. Ma anche di contatti, di relazioni, di conoscenze. Perché in tantissimi casi si parla anche con i parenti delle vittime innocenti di mafia. «Senti la responsabilità di raccontare la storia di una persona, di farla rivivere attraverso la voce dei loro cari, gli atti processuali, gli articoli di giornale, le segnalazioni dei territori».
Donare la storia dei propri cari
Quello di Federica Bianchi e delle altre due collaboratrici impegnate in questo percorso, è un lavoro che richiede grande sensibilità, pazienza, rispetto dei tempi. «E’ molto doloroso per i famigliari ricordare quanto accaduto al proprio caro. Occorre pazienza, dare il tempo necessario affinché si trovi la forza di parlare, di donare la sua storia». Sì, perché per Federica la parola «dono» è quella più corretta da usare. «E’ un dono che viene fatto per raccontare la storia di una persona, la parte più intima, i sogni, i desideri, le paure. Tutti elementi che permettono di conoscerla meglio andando oltre al fatto di sangue che le è accaduto». Navigare su vivi.libera.it è un viaggio dentro alle storie, agli sguardi, ai sogni, alle vite di quanti hanno perso la vita per mano della mafia, della criminalità, della violenza. Non sono eroi, ma persone comuni, per bene, che hanno solo fatto il loro dovere opponendosi a comportamenti criminali, corruttivi, omertosi o che si sono trovate al posto sbagliato nel momento sbagliato.
La campagna “Diritti Vivi”
L’associazione fondata e presieduta da don Luigi Ciotti, dunque, in questi anni è impegnata a ricostruire questo lunghissimo elenco, che resta aperto. Per farlo, si avvale di tutto il materiale e la documentazione che le viene fornita dai diversi territori in modo da capire se una persona può essere inserita o meno nell’elenco delle vittime innocenti di mafia. Per Libera non ci sono limiti giuridici e di tempo, e l’elenco parte appunto dai nomi di chi – secondo il minuzioso lavoro di ricerca dell’associazione – è stato vittima di mafia già a fine 1800. Per questo, lo scorso anno ha lanciato la campagna “Diritti vivi” al Parlamento italiano ed al Governo per chiedere che sia riconosciuto lo status di vittima di mafia anche alle persone che hanno perso la vita a causa di eventi delittuosi di stampo mafioso in data antecedente al 1° gennaio 1961 e per le quali ricorrano i presupposti per il riconoscimento medesimo. Una richiesta che diventa anche battaglia politica, perché non riconoscendo questi diritti è come se per lo Stato prima di quella data la mafia non esistesse. Ed esisteva eccome. Altro che limiti di legge.
Emiliano Moccia
L’articolo è stato pubblicato nel numero Marzo-Aprile 2021 del giornale di strada Foglio di Via sostenuto da Fondazione Vodafone Italia.