di Iole Cocco
Il 25 maggio 2021 si è tenuta la Giornata Mondiale dell’Africa, un appuntamento ricorrente che celebra l’anniversario della fondazione dell’Organizzazione dell’Unità Africana del 1963, che dal 2009 prenderà il nome di Unione Africana. La ricorrenza, che mira a portare agli occhi del mondo i gravi problemi che ancora affliggono il continente africano, infatti, nonostante siano passati più di 50 anni dall’indipendenza dalle loro colonie, l’Unione Africana non ha visto il proliferare di un sistema economico e sociale al pari dell’Occidente. Cosa gliel’ha impedito?
Dando una sbirciata veloce si potrebbe dire che ad averglielo impedito è sicuramente il basso tasso di istruzione, che non permette la formazione di una politica priva di corruzione, o meglio ancora, le guerre, le diversità multietniche, la crisi alimentare e climatica che dirottano i pensieri e le anime degli africani alla ricerca della sopravvivenza, o ancora, la lungimiranza di un sogno migratorio. E’ più facile cambiare Paese che cambiare il Paese. Eppure, se si guarda oltre la superfice, ci si rende conto che è evidente che agli stati faccia comodo mantenere artificiosamente povera l’Africa.
Una storia vecchia quanto il mondo: il saccheggio
dell’Africa
Alcune volte c’è bisogno di allontanarsi per osservare bene le dinamiche
storiche. Il processo di colonizzazione dell’Africa parte dal XVI secolo, e
vede padroni gli stati europei nell’appropriazione, o meglio, nella spartizione
dei popoli africani. Appropriandosi non solo del valore territoriale attraverso
l’esportazione di oro e altri minerali, ma arrivando a capitalizzare anche il
valore umano. Uno sfruttamento all’interno e all’esterno della loro terra, che
ha visto il culmine dello scempio con la tratta degli schiavi. Un processo di
capitalizzazione basato sul suprematismo e l’eugenetica, quell’ideologia
inventata per giustificare le atrocità fatte ad altri popoli che non fossero
europei.
Indipendenza: una bella bugia
I processi di indipendenza e i moti rivoluzionari avevano avuto impatto su
tutto il mondo. La liberazione degli schiavi aveva fatto sì che una piccola
parte di loro fosse riuscita ad istruirsi negli Stati Uniti e in Europa,
importando nei loro Paesi un modello di istruzione. Il secondo dopoguerra
rappresentò un momento di speranza e di cambiamento per i popoli africani, che
uno dopo l’altro iniziarono a dichiarare l’indipendenza dai loro padroni.
Un’illusoria emancipazione che vide i coloni agire soltanto in modo differente.
Gli appalti multinazionali delle compagnie petrolifere continuarono a trivellare
gli ex territori coloniali e sfruttando
loro manodopera nelle miniere. Le prime guerre e i primi scontri multietnici
che videro capofila l’islam furono il miglior modo per giustificare le basi e
le azioni militari sul continente africano. Senza tener conto di come la
Francia ha continuato a controllare i suoi ex stati coloniali con il franco CFA,
accertandosi della sorte dei Paesi africani.
Il franco CFA: rubare ai poveri per dare ai ricchi
Sono 14 i Paesi subsahariani, ex colonie francesi, ad usare il franco CFA.
La moneta introdotta durante il periodo coloniale sarebbe tutt’oggi ancora la
moneta ufficiale degli stati nonostante le numerose proteste da parte degli
africani. Un sistema monetario controllato da uno stato esterno come la Francia
significa sostanzialmente non avere il controllo economico del proprio Paese,
per cui anche una crescita in PIL non avrebbe nessuna ripercussione sulle
condizioni della popolazione. Ma come funziona il Franco CFA? La moneta viene
controllata dalla Banca francese e gestita in Francia, dove viene stampata e
poi inviata in Africa. La truffa a danno della moneta però, è più evidente
durante il processo di emigrazione, che porta gli africani a voler entrare alle
porte dell’Europa. I migranti, una volta arrivati in Francia, scoprono che il
franco CFA non è convertibile in euro, il tutto appare assurdo dal momento che
è proprio l’euro a fare da garanzia al franco CFA. Una situazione assurda che
viene ulteriormente amplificata quando si scopre che, i fondi inviati dai
governi in aiuto alle nazioni africane – in EURO, DOLLARI, YEN – vengono trattenuti, per un ammontare
complessivo del 50% totali, dal ministero del tesoro francese, che garantisce
la forza del CFA. La trattenuta dei
fondi servirebbe per pagare alla Francia il proprio debito pubblico. È così che
Parigi esercita un ferreo controllo della loro moneta, oltre a un monopolio
esclusivo sulle ricche materie di cui abbondano (oro, uranio, petrolio, gas,
cacao, caffè), con un risultato duplice: arricchire la Francia e le sue élites
imprenditoriali da un lato, con uno smisurato trasferimento di ricchezza (circa
500 miliardi di dollari l’anno, secondo alcune stime); dall’altro lato
impoverire fino alla miseria i popoli africani, la cui unica speranza è riposto
nel sogno migratorio.
Il fenomeno migratorio
La speranza di un futuro migliore spesso si manifesta attraverso il viaggio
migratorio, che vede i popoli africani essere protagonisti di violenza, subita
o vista, delle attività criminali. E’ risaputo inoltre che il fenomeno
migratorio è gestito come una tratta di esseri umani, che li vede spostarsi da
un continente all’altro grazie all’aiuto, sotto pagamento, di trafficanti.
Avvenimenti ben conosciuti e risaputi all’interno della comunità europea, che
non vedono il minimo interesse nel cambiare la situazione, nonostante siano
esseri umani che emigrano da Paesi che loro stessi hanno saccheggiato e
distrutto, attraverso il controllo dell’economia e il fenomeno dei land grabbing.
E’ proprio questo che porta a far pensare che il fenomeno migratorio, a
differenza di come ci viene descritto nei dibattiti politici, gioverebbero al
sistema capitalistico europeo. Il processo di integrazione in realtà si compie
solo parzialmente. La volontà lavorativa dei giovani africani è così alta che
spesso li porta ad essere inconsapevolmente sottopagati rispetto ai cittadini
europei. Questa differenza salariale, che porta sempre di più ad un
abbassamento del costo della manodopera, crea uno scontro tra lavoratori, che
porta la stessa classe sociale ma di differente nazionalità a scontrarsi.
Spostando l’attenzione sull’emigrazione, che non potrà mai essere un mezzo
significativo per affrontare la povertà africana, si crea una lotta orizzontali
tra la stessa classe sociale, che porta ad ignorare la classe elitaria si
arricchisce alle spalle del popolo africano.A questo punto, viene spontaneo chiederselo. Ma per gli interessi di chi lo
stiamo facendo?di Iole Cocco