Abbatti l’abuso, Puglia ultima per demolizioni eseguite. Quanto conta la presenza mafiosa per questa cattiva prassi?

Nelle regioni del Sud Italia, dove il fenomeno dell’abusivismo edilizio ha pesantemente compromesso il territorio, le demolizioni sono ferme al palo andando, così, ad aumentare il divario con un Nord Italia che, invece, fa più controlli, sanziona l’abuso e demolisce. È quanto emerge in sintesi dalla fotografia scattata dalla seconda edizione del dossier Abbatti l’abuso” di Legambiente sulle mancate demolizioni edilizie nei Comuni italiani, dalla quale emerge con chiarezza una penisola spaccata in due. Eloquente il dato nazionale: sulla base delle risposte complete date dai 1.819 comuni (su 7.909) al questionario di Legambiente, nella Penisola dal 2004, anno dell’ultimo condono, al 2020 è stato abbattuto solo il 32,9% degli immobili colpiti da un provvedimento amministrativo, un dato “trainato” dall’attività degli enti locali delle regioni del Centro Nord.

L’indagine è stata realizzata dall’associazione a partire dai dati forniti da 1.995 Comuni italiani e il quadro complessivo che emerge conferma la sostanziale inerzia di fronte all’abusivismo e alle prescrizioni di legge rispetto alle procedure sanzionatorie e di ripristino della legalità. E la differenza tra Nord e Sud Italia è evidente nel momento in cui in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria, regioni maggiormente segnate dalla presenza mafiosa, si concentra il 43,4% degli illeciti nel ciclo del cemento registrati in Italia nel 2019. In queste quattro regioni sono state emesse 14.485 ordinanze di demolizione e ne sono state eseguite appena 2.517, pari al 17,4%. In altri termini, cinque volte su sei l’abusivo ha la quasi matematica certezza di farla franca. Può andargli ancora meglio se l’immobile è stato realizzato lungo le coste: se si considerano solo i comuni litoranei, infatti, la percentuale nazionale di abbattimenti scende a 24,3%. Numeri che sono relativi, è bene specificarlo, solo alle comunicazioni emesse dai Comuni stessi che si sono impegnati a rispondere al questionario realizzato da Legambiente.

Il fenomeno dell’abusivismo resta un tema
complesso e imbrigliato nelle maglie della burocrazia
– ha commentato Ruggero Ronzulli,
presidente Legambiente Puglia. – Ma procedere con gli abbattimenti è il
migliore deterrente perché si scongiuri il sorgere di nuovi abusi edilizi.
Proprio per questo urge la necessità di avocare allo Stato il compito di
riportare la legalità dove le amministrazioni locali non sono riuscite a farlo
per decenni. Il caso del villaggio turistico Pino di Lenne a Palagiano è
l’emblema e simbolo di questa situazione.  Lo scorso anno, su spinta di
Legambiente, è stata approvata una norma inserita nel Dl Semplificazioni che
assegna alle prefetture la responsabilità di demolire stante l’inerzia
prolungata dei Comuni; ma con la sconcertante circolare interpretativa della
legge del Ministero dell’Interno ora ciò verrà meno andando a tradire il senso
e l’obiettivo di quanto approvato in Parlamento. Per questo abbiamo elaborato
un emendamento all’ultimo decreto “Semplificazioni” del governo Draghi con
l’obiettivo di ricondurre a un’interpretazione autentica della disposizione,
nel pieno rispetto della ratio legis, fugando ogni margine di dubbio circa la
sua applicazione.  Per la difesa del nostro territorio serve un netto
cambio di direzione che solo la classe politica può intraprendere, non sono
ammessi più ritardi o passi falsi”.

I dati regionali. In Italia, secondo
l’indagine dell’associazione ambientalista, risultano essere stati abbattuti
solo 18.838 immobili rispetto alle 57.250 ordinanze di demolizione emesse, il
32,9% del totale
. Valutando il rapporto tra ordini di demolizione e
abbattimenti, la performance migliore è quella del Veneto, con il 66,8 %;
quella peggiore è della Puglia, con il 4% di esecuzioni, solo 71 su 1.790
ordinanze emesse, preceduta dalla Calabria (11,2%), dalla Campania (19,6%),
dalla Sicilia (20,9%) e dal Lazio (22,6%).

Per quanto riguarda
le demolizioni, su scala provinciale, la performance migliore è
quella dei Comuni della Provincia di Pordenone con il 94,8% delle ordinanze di
demolizione eseguite. Nelle regioni più “abusive” i risultati migliori sono
quelli dei comuni delle province di Rieti (52.1%), Avellino (38,4%), Palermo
(34,6%) e Agrigento (33,5%). In fondo alla classifica sono da segnalare,
invece, tra le altre la provincia di Nuoro, con 662 ordinanze e 28 demolizioni
eseguite (4,2%), quella di Foggia, con 839 ordinanze di abbattimento di cui
solo 19 eseguite (2,3%), quella di Siracusa, con solo 2 ordinanze eseguite su
470 (appena lo 0,4%) e, infine, la provincia di Catanzaro, con 174 ordinanze di
demolizione comunicate dai Comuni, nessuna delle quali portata a buon fine. Se
stringiamo l’obiettivo sui capoluoghi di Provincia Pordenone, nel
periodo considerato, ha demolito il 100% degli immobili sanzionati e può
aggiungere al risultato un numero rilevante di autodemolizioni da parte dei
proprietari ancora prima di emettere le relative ordinanze. Promosse anche le
città di Lecco e Rovigo con il 100%, e Biella con il 98,1%. Il migliore tra i
comuni con più di 100mila abitanti è Forlì, con il 71,5%. Merita menzione
Avellino, prima tra le città del sud, che ha demolito il 48% degli immobili
abusivi. Da leggere con attenzione i dati relativi a Milano (unica grande città
ad aver risposto), con appena 6 demolizioni eseguite a fronte di 443 ordinanze
(1,4%), Reggio Emilia (3 ordinanze eseguite su 383, pari allo 0,8%) e Lucca,
con nessuna demolizione eseguita a fronte di 447 ordinanze. Non si tratta,
infatti, di Comuni che rientrano nelle aree dove l’abusivismo edilizio è più
radicato e invasivo, come Brindisi (una sola demolizione messa a segno su 409
abusi con relativo provvedimento di demolizione).

La trascrizione nel
patrimonio immobiliare del Comune:
quando il proprietario di un immobile
abusivo non rispetta l’ingiunzione alla demolizione entro il termine di 90
giorni, l’edificio viene automaticamente acquisito al patrimonio immobiliare
pubblico, inclusa l’area di sedime per un’estensione massima di dieci volte la
superficie dell’abuso (art. 31, comma 3, DPR 380/2001). Non essendoci controlli
o sanzioni, fatta eccezione per qualche pronuncia della Corte dei Conti che in
alcuni casi ha calcolato e addebitato ai Sindaci il danno erariale da mancata
acquisizione, i Comuni non procedono alle trascrizioni. Dal questionario di
Legambiente, emerge che solo il 3,8% degli immobili risulta
ufficialmente nel patrimonio immobiliare degli enti locali. In controtendenza,
c’è la Sicilia, che guida la classifica regionale degli immobili acquisiti a
patrimonio pubblico (873) dove i Comuni hanno formalizzato la proprietà nel
19,2% dei casi. Secondo i dati raccolti, in valori assoluti la seconda regione
è il Lazio (540 immobili acquisiti), seguita dalla Campania (212) e dall’Emilia
Romagna. In fondo alla classifica ci sono la Bolzano (1), la Puglia (3) e
Trento con nessun immobile abusivo trascritto al patrimonio del Comune.

Dati su trasferimenti
al Prefetto delle ordinanze di demolizione non eseguite (ex L.120/2020
): Nel questionario
inviato ai Comuni, Legambiente ha chiesto anche di indicare il numero di
pratiche inevase inviate alle prefetture sulla base della legge 120/2020.
Sebbene la norma che attribuisce le competenze sostitutive ai prefetti sia
recente e abbia avuto un periodo di applicazione di pochi mesi (e nonostante la
circolare del Ministero), c’è un numero che balza subito in evidenza. In
Sicilia, tra le regioni leader per abusivismo e per mancate demolizioni, i
Comuni che hanno risposto al questionario di Legambiente hanno già trasmesso ai
prefetti il 12,7% delle proprie ordinanze (454 su 3.587) mentre in Puglia sono
36 le pratiche trasmesse ai Prefetti su 1.719.

Alcuni casi emblematici.
In
Puglia resiste il villaggio turistico Pino di Lenne a Palagiano, sul
golfo di Taranto, vecchia conoscenza di Legam­biente che da molto tempo chiede
che sia eseguita la demolizione dei manufatti. Si tratta di una lottizzazio­ne
abusiva, dichiarata tale già nel 1987, su cui si sono succeduti negli anni
ricorsi e sentenze. Fino a quella del Consiglio di Stato che nel 2013
ricostruisce la vi­cenda della lottizzazione abusiva che provocò la de­vastazione
di un bosco di pini d’Aleppo lungo le rive del fiume Lenne, in un’area peraltro
caratterizzata da un forte rischio idrogeologico e assoggettata a plu­rimi
vincoli ambientali e paesaggistici, ha ordinato, al Comune di ristabilire lo
stato originario dei luoghi, demolendo la costruzione abusiva e ricostituendo
la parte di bosco distrutta dagli interventi edilizi.

Demolire si deve e si
può.

I numeri e le storie raccontano l’eredità pesante di decenni di lassaiz faire e
complicità della politica, di promesse di condono, di sostanziale impunità di
chi sceglieva di costruire in totale spregio delle regole. Ci sono però aree
del nostro Paese in cui, seppur lentamente, gli abusi vengono abbattuti. È il
caso del Salento, dove la Procura della Repubblica di Lecce prosegue da alcuni
anni con gli interventi di demo­lizione. Un’attività costante, che induce molti
proprie­tari a demolire di propria iniziativa, senza aspettare l’azione delle
istituzioni.