Articolo pubblicato in partnership con Foggia Città aperta
“In” panchina. Basta una preposizione. Due lettere, che passano quasi inosservate nel flusso di parole ed espressioni che inondano il palco. Il senso sta tutto lì. Perché siamo abituati a pensare che un clochard, un senzatetto, un barbone viva “sulla” panchina. Ed è così, certo. Ma vive soprattutto ‘in’ panchina. Si parte titolari, si esce riserve nel gioco della vita. Salvo poi, nei minuti finali della gara, rigirare tutto: uno specchio, per guardarsi dentro e osservare l’altro. E nel recupero, anche il pubblico capisce che a finire panchinari (nella quotidianità) ci vuole davvero poco (foto: Samuele Romano).
LO SPETTACOLO. Quella scelta lessicale è di Margaret Mazzantini. Il suo ‘Zorro’ diventa l’ispirazione per il saggio finale del corso di teatro ‘adulti’ della Piccola Compagnia Impertinente. “Cuore di cane” è lo spettacolo portato in scena nel contenitore culturale di via Castiglione. Ed è già questa una notizia: riprendersi gli spazi. “Il futuro è agire come comunità”, ribadisce Pierluigi Bevilacqua, il direttore della compagnia, presentando lo spettacolo. E sono stati comunità anche gli attori sul palco (Lea Berardi, Tonia Casalucci, Serena de Lillo, Roberta De Simone, Antonio Diurno, Annalisa Formiglia, Elena La Riccia, Roberta Paolini, Veronica Ricucci, Gina Scarano): per immergersi nella realtà da interpretare, l’hanno vissuta davvero. Con i Fratelli della Stazione hanno svolto attività di volontariato durante il servizio serale per dare così conforto, compagnia e ascolto a coloro che per i motivi più diversi vivono in strada, ai margini, nei pressi della stazione di Foggia. Dalla vita al palco, e viceversa. Quell’esperienza l’hanno trasmessa attraverso l’intensità dell’interpretazione, che colma e compensa qualche giustificabile imperfezione tecnica. Tante voci, una storia. Perché le storie dei senza fissa dimora si somigliano tutte nella loro diversità. Resta uguale, invece, troppo uguale, lo sguardo dei “cormorani”, la gente perbene, quella che guarda il ‘panchinaro’ con disprezzo ma che del barbone ha bisogno per sentirsi (immotivatamente) una persona migliore. Fino a quando quello specchio ‘rivela’ un’altra realtà.
IN SCENA. E così lo spettacolo diventa vita. Tra un prima e un dopo, tra Anna e Nandina, tra Zorro e il diurno, tra fogli di giornale – prima accatastati e poi svolazzanti – e verità gridate in faccia, senza filtri. E ancora, l’amore, la passione, l’indifferenza, i treni che passano e quelli persi. Le chiacchiere e la dignità, la vita degli altri e le proprie fragilità. E il tempo. La ‘litania’ che accoglie il pubblico sembra riproporre la monotonia di una giornata così uguale da essere sempre diversa. Come le storie dei senza fissa dimora. Perché ‘Cuore di cane’ lascia poco spazio all’immaginazione: d’altronde, in linea d’aria, la stazione è così vicina dal palco di via Castiglione, che sembra davvero di essere sui binari. Vivendo come Zorro, perché “Zorro non pretende. Zorro non tende la mano, Zorro ha i pugni chiusi. Zorro ha fatto una scelta. Certo, il destino gli ha dato una mano…”.