Concretezza, cuore e collaborazione: sono questi gli ingredienti di una storia piena di speranza, di cui Foggia ha bisogno come il pane in questo periodo. Don Francesco Catalano ce la racconta confermandoci come l’autonomia abitativa ha un potere dirompente sulla ripresa dei senza dimora. Ma partiamo dalla parrocchia di San Pio X e dalla tradizione di esperienza con i poveri, a partire dalla mensa che da tanti anni viene portata avanti dai parrocchiani con l’avvicendarsi dei vari sacerdoti, fino a 3mila pasti all’anno ma soprattutto con il coinvolgimento della comunità. Poi dal 2017, con la chiusura del Conventino, è venuto a mancare un luogo dove lavarsi per i più indigenti. «Abbiamo comprato dei moduli di doccia – racconta il sacerdote – per il servizio che da un anno e mezzo permette di essere maggiormente puliti, potendo usufruire di asciugamani ed indumenti puliti, lamette da barba, spazzolini». Poi anche don Carmelo Chiovo, della parrocchia Santissimo Salvatore, ha iniziato questa esperienza del servizio doccia in modo complementare in modo da coprire cinque giorni a settimana.
La preghiera che diventa realtà
Ma l’ultima idea è arrivata in modo inaspettato: «Una bambina ha scritto una preghiera in cui chiedeva una stanza in parrocchia per far dormire i poveri, ho conservato quel biglietto perché ne ho sentito il valore profetico». E il momento propizio è stato quando il signor L. ha iniziato a dormire sulla panchina del cortile di San Pio X, non potendo più usufruire dei locali dell’ospedale. Inoltre c’era anche il signor P. da aiutare, da anni in strada nonostante abbia conseguenze serie di un ictus: non rimaneva che dare concretezza alla preghiera della bambina, non rimaneva che cercare un alloggio. Il 17 novembre scorso, in occasione della Giornata Mondiale del Povero, indetta da papa Francesco, don Francesco ha lanciato la proposta ai parrocchiani: sostenere le spese di una casa in affitto, spiegando anche i costi. La risposta è andata oltre le attese, a tal punto che la copertura è assicurata per vari anni: «Non pretendiamo di risolvere il problema dei senza dimora, vogliamo essere semplicemente un segno».
L’importanza di una casa
Ora L. si sta riprendendo, non fa più il parcheggiatore abusivo, «ma ci tiene ad aiutarci con dei lavoretti in parrocchia, l’abbiamo aiutato a curarsi. P. invece ha compiuto un passo importante come la residenza e la carta di identità: alla consegna era felice come se fosse una festa». L’idea di don Francesco è di permettere, se e quando uno dei due sarà autonomo per fare il suo percorso di vita, di ospitare qualcun’altro. Noi abbiamo avuto la fortuna di conoscere P. nel corso degli anni precedenti. Era uno dei senza dimora che dormiva nel dormitorio ubicato nella parrocchia di Sant’Alfonso de’ Liguori, rimasto chiuso in seguito all’emergenza legata al covid lasciando per strada oltre trenta persone. P. in ogni incontro si dimostrava una persona sempre molto solare ma aveva un velo di tristezza che lo circondava legato al suo vagabondare, durante il giorno, in cerca di una meta. L. in seguito a questa esperienza abitativa è tornato ad avere rapporti con i figli e l’ex moglie. La loro vita è drasticamente cambiata. Ora non hanno più bisogno di vagare durante il giorno in cerca di un posto tranquillo. Adesso si sentono parte di una comunità, camminano con essa e danno il loro contributo affinché la parrocchia di San Pio X sia sempre più pulita ed ordinata. Da sottolineare come il percorso di reinserimento ed autonomia sia monitorato e supportato da una coppia della parrocchia.
Alfonso Di Gioia
Andrea La Porta
(questo articolo è stato pubblicato nel numero Maggio-Giugno 2021 del giornale di strada Foglio di Via sostenuto da Fondazione Vodafone Italia).