Foto di Pina Suriano
Hanno dovuto fare i conti con la pandemia, con la paura del contagio, con la difficoltà di guadagnare, con l’immobilità, con l’incertezza rispetto al proprio futuro. L’emergenza sanitaria legata al Covid-19 ha sconvolto le vite di tutti e, in modo particolare, delle vittime di tratta e di sfruttamento lavorativo. Donne, uomini e bambini che ogni giorno vengono sfruttati nell’ambito della prostituzione, dello sfruttamento lavorativo o domestico, delle economie illegali, dell’accattonaggio forzato o del traffico di organi. La circolazione del virus ha toccato anche le loro vite già fragili, invisibili, provocando ulteriori disagi sociali, economici e alimentari. Lo sanno bene gli operatori del progetto “La Puglia non tratta – Insieme per le vittime”, il cui intervento nell’area territoriale della Capitanata – che comprende Monti Dauni, Tavoliere delle Puglie e promontorio del Gargano – è svolto dalla cooperativa sociale Medtraining di Foggia.
IL
COVID-19
Da marzo 2020, nei vari periodi di
confinamento in casa o di lockdown, sulle strade della Capitanata il numero
delle donne che si prostituivano sulle strade è caduto verticalmente rispetto
ai numeri dei mesi precedenti. Dall’1 giugno al 31 dicembre 2020 gli operatori
del progetto, soprattutto attraverso il lavoro dell’unità mobile di strada,
hanno effettuato 113 contatti,
percorrendo in modo particolare i tratti della SS 16 dell’Alto Tavoliere e del Basso Tavoliere, della SS 89 che porta a Manfredonia, della SS 673 Circonvallazione di Foggia. Le
beneficiarie incontrate durante il lavoro dell’unità di strada sono soprattutto
donne, provenienti per la maggior parte da Paesi quali Bulgaria, Romania, Nigeria, che rappresentano il 91,2%
delle beneficiarie contattate. Ma se si prendono in esame i dati relativi ai
mesi precedenti, si nota come i numeri siano calati in modo significativo:
dall’1 marzo 2019 al 31 maggio 2020, infatti, erano stati effettuati lungo le
strade ben 741 contatti. Questo,
però, non vuole dire che il fenomeno della tratta e dello sfruttamento lavorativo
sia scomparso nel nostro territorio. Anzi. In questo periodo di tempo sospeso è
diventato ancora più subdolo, più invisibile. Molte delle donne incontrate
dagli operatori sulla strada, infatti, hanno
raccontato di aver esercitato l’attività prostitutiva all’interno di
appartamenti, venendo così meno anche la possibilità di accedere a visite
mediche specialistiche e di prevenzione, accompagnamenti sanitari presso le
varie strutture, incontri individuali.
LA
MANCANZA DI REDDITO
Le restrizioni imposte dal Governo italiano a marzo 2020 per frenare la
diffusione del Covid-19 hanno dunque abbattuto verticalmente il reddito di chi
lavora nel commercio del sesso. La natura di questo settore – e il canale del
traffico di esseri umani che lo alimenta – implica che pochissime donne hanno
la documentazione necessaria per richiedere i benefici e il sostegno
finanziario di cui hanno bisogno. Per questo, gli operatori del progetto “La
Puglia non tratta” hanno raccolto
numerose richieste di aiuto economico e/o alimentare da parte delle donne
che hanno continuato a prostituirsi, rispondendo sempre a quelle di carattere
alimentare. «In tempo di lockdown – spiegano gli operatori – le donne di
origine africana e in particolare, le nigeriane, sono letteralmente sparite
dalla strada, erano le più timorose e impaurite, da subito hanno evitato di
esercitare, anche perché i loro spostamenti avvengono di frequente con i mezzi
pubblici. Anche le donne di origine sudamericana, più adulte in età nelle nostre
rilevazioni, hanno da subito dimostrato timore e preoccupazione per gli effetti
del covid; anche loro pare si muovano con i mezzi pubblici e durante il
lockdown sono rimaste a casa in osservanza delle indicazioni». Per quanto
riguarda le donne che hanno continuato a prostituirsi per strada, dai brevi
colloqui effettuati con gli operatori è emersa la scarsa consapevolezza sui
rischi di trasmissione del virus da parte dei clienti incontrati, la facilità
con cui gli italiani erano soggetti al virus e, alla fine, in ogni caso,
l’assenza di alternative per intercettare denaro, con una logica comune: «O si
fa questo o non si mangia e non si porta a casa denaro».
IL
PROGETTO
REGIONALE
Il progetto “La
Puglia non tratta – Insieme per le vittime”, giunto ormai alla
terza annualità ed in regime di seconda proroga, è nato a livello regionale con
l’obiettivo di assicurare alle persone
vittime di tratta adeguate condizioni di alloggio, vitto, assistenza,
protezione ed integrazione socio – lavorativa. «Una sfida complessa,
ambiziosa, che sta contribuendo a potenziare la pratica della presa in carico
globale ed individualizzata di uomini e donne vittime di traffici criminali
internazionali, diffondendo altresì nella comunità locale la cultura della
legalità e della tutela dei diritti inviolabili della persona» dice Nicola Di Bari, presidente della
cooperativa sociale Medtraining. Il progetto “La Puglia non tratta – Insieme per le vittime”,
finanziato dal Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, è promosso dalla Regione
Puglia – Sezione Sicurezza del Cittadino, Politiche per le Migrazioni ed
Antimafia Sociale – in collaborazione con sette enti anti tratta del territorio
regionale: le cooperative sociali Medtraining (Foggia), Comunità Oasi2 San Francesco onlus (Trani), Atuttotenda (Maglie-Lecce),
CAPS (Bari); le associazioni Giraffa!
(Bari), Micaela (Adelfia-Bari), Comunità Papa Giovanni
XXIII.