Foggia, per INTERSOS non ci sono dubbi: «L’emersione del lavoro nero nei campi è ancora un miraggio»

«Lo sconforto nei ghetti è tangibile forse più di prima. Le persone sono scoraggiate, dietro gli occhi di tutti si intravede la stessa consapevolezza: i ghetti ci sono e continueranno ad esserci. Il provvedimento di emersione non è stato, e d’altronde non poteva, essere sufficiente: troppo limitante nei requisiti, nelle tempistiche e con il grande limite di demandare tutto ai datori di lavoro, spesso parte integrante del meccanismo di sfruttamento. Non si è tenuto conto della volontà di questi ultimi di aderire a un processo di regolarizzazione, così come della paura delle persone intrappolate da anni in questo limbo di diritti negati». Alessandro Verona, Referente Medico dell’Unità Migrazione di INTERSOS impegnata dal 2018 nel foggiano, non fa troppi giri di parole. Lo scorso 14 agosto si è concluso il periodo utile per presentare le domande di emersione da parte dei lavoratori e delle lavoratrici impiegati nei settori dell’agricoltura, del lavoro domestico e dell’assistenza alla persona. Un provvedimento che secondo gli operatori di Intersos e di altre realtà che si occupano di immigrazione, non raggiunge l’obiettivo preposto: regolarizzare lavoratori e lavoratrici sfruttati.

Il provvedimento doveva infatti ottenere il risultato di favorire emersione, legalità e regolarizzazione dei rapporti di lavoro. I dati definitivi diffusi dal Ministero degli Interni, però, confermano tutte le preoccupazioni e le obiezioni avanzate dalle organizzazioni che lavorano da anni in contesti di sfruttamento agricolo. Le domande inviate per l’emersione del lavoro subordinato sono state in tutto 30.694, il 15% del totale delle domande presentate. In Puglia, sono state 2.871, circa la metà delle quali a Foggia: 1.268 domande a fronte delle 6.000 persone che vivono nei ghetti della zona. «È giusto parlare di regolarizzazione, senza un documento non si può avere un lavoro regolare e senza un lavoro regolare non si può avere una vera casa. Non si può però agire con provvedimenti isolati senza preparare le condizioni per una reale emersione. Non si può neanche far finta di non vedere l’odio sociale che la creazione di ghetti porta con sé: 6 aggressioni ai danni di lavoratori stranieri in soli 10 giorni tra luglio e agosto nella zona nord di Foggia, la stessa zona delle aggressioni a sassate del luglio 2019 è l’analisi di Verona – . Non bastano provvedimenti simbolici e inefficaci, come purtroppo non basta il lavoro delle Procure che ha portato a diversi arresti per sfruttamento di imprenditori e caporali, perché è inutile punire chi sfrutta se non si riconosce l’esistenza di chi è sfruttato».

Per gli operatori non ci sono dubbi: «Serve un intervento coraggioso, che esuli dal lavoro: regolarizzare tutte le persone presenti sul territorio, riconoscendo loro il diritto a esistere e permettendo a tutti di contribuire alla società, garantendo una effettiva inclusione sociale, abitativa e lavorativa. Sono state perse fin troppe occasioni: o si interviene su più piani, affrontando tutti i problemi, o si sta solo svuotando acqua col cucchiaino da una barca che cola a picco».

INTERSOS a Foggia
INTERSOS opera a Foggia dal 2018, portando avanti attività di inclusione sanitaria ed educazione sanitaria a supporto delle persone vulnerabili, spesso lavoratori stagionali migranti, che si trovano, temporaneamente o definitivamente, al di fuori dei sistemi di accoglienza e dei meccanismi di tutela socio-sanitaria, fornendo assistenza medica primaria con due unità mobili, servizi di orientamento sanitario e accompagnamenti di pazienti fortemente vulnerabili, oltre a sessioni di promozione della salute.

Con l’ondata epidemica che ha colpito l’Italia, i Team di INTERSOS hanno rapidamente potenziato e specializzato le attività in corso sul territorio nazionale per poter dare una risposta efficacie alle aumentate necessità sanitarie, tutelando non solo la salute individuale della popolazione più fragile, ma anche quella collettiva, allo scopo di contribuire a ridurre il focolaio epidemico. La riconversione delle attività nel foggiano in attività di prevenzione del COVID-19 è iniziata il 24 febbraio 2020. ll Team di INTERSOS attivo nell’area è composto da tre medici, quattro mediatori culturali e un protection officer.

Gli operatori si muovono 6 giorni su 7, con due unità mobili mediche e un’automobile, tra 6 insediamenti informali in un’area di circa 60 km, per fare uno screening periodico della popolazione e portare informazioni sulla prevenzione. Il Team effettua triage per l’individuazione di sintomi da COVID-19 e garantisce assistenza e visite mediche a chi presenta altri bisogni sanitari e vulnerabilità. Oltre a ciò, effettua sessioni di sensibilizzazione sulle misure di prevenzione da adottare per prevenire il contagio e distribuisce kit igienico sanitari. Alla fine di aprile, dopo diverse richieste, INTERSOS ha ottenuto dalla Regione Puglia l’installazione di cisterne di acqua potabile negli insediamenti della Capitanata e la distribuzione di kit igienici.