La tragedia di Marcinelle, quando quelli che fuggivano dalla loro terra per cercare fortuna eravamo noi – pensieri senza dimora

di Ruggiero Di Cuonzo
Illustrazione/vignetta di Nicola Cardone

Ogni anno, l’8 agosto, ricorre l’anniversario della tragedia di Marcinelle in Belgio. 256 minatori  morirono a causa di un incendio all’interno di una miniera di carbone. 136 di loro erano italiani e quasi la metà provenivano dall’Abruzzo. Erano gli anni ’50 ed allora i migranti eravamo noi. Eravamo noi quelli “brutti, sporchi e cattivi”. Eravamo quelli da tenere ai margini della società e che avevano usi e costumi che mal si conciliavano con la cultura fredda e pragmatica dei paesi del nord Europa.

Questi 136, come altre migliaia di loro, erano partiti dalla propria terra e da un destino segnato per inseguire il sogno e la speranza di un futuro migliore per se stessi e per i propri figli. Come tutti gli anni, nel giorno della memoria di questo tragico evento, li ricordiamo, ed io aggiungerei, li onoriamo per il loro coraggio. Il coraggio di affrontare qualsiasi traversia pur di trovare un riscatto sociale ed economico, lasciandosi, dolorosamente, alle spalle gli affetti più cari e le proprie radici. Onore a tutti coloro, che da ogni parte del mondo, lasciano il proprio Paese, la propria storia, con la speranza di poter vivere una vita degna di essere vissuta per se stessi e per i propri cari.

Onore ai tanti, troppi, di questi che in cerca di riscatto hanno, invece, trovato la morte nel Mediterraneo piuttosto che nei campi o nei ghetti.
Onore anche a tutti coloro che non volgono lo sguardo da un’altra parte, davanti a queste tragedie, e si prodigano nel dare sostegno e speranza.