L’esperienza di Padova per i senza dimora, andare oltre la logica del “dormitorio” e ripensare i modelli di accoglienza

Andare oltre la logica del “dormitorio” e dei servizi frammentati ripensando l’accoglienza (soprattutto per le donne), migliorando l’accessibilità dei servizi, favorendo percorsi per l’autonomia delle persone insieme a una formazione migliore per volontari e operatori. Sono alcune delle proposte che emergono dall’indagine “2020: vivere senza dimora a Padova”, presentata in occasione della “Notte dei senza dimora”, svoltasi sabato 17 ottobre in occasione della Giornata mondiale di contrasto alla povertà. L’indagine è frutto del lavoro condotto dal tavolo “Povertà e nuove emarginazioni”, istituito in occasione di Padova capitale europea del volontariato, con l’Università di Padova, il Centro di servizio per il volontariato e il comune.

Condotta tra maggio e luglio, subito dopo il lockdownla ricerca intende valorizzare l’esperienza di Casa Arcella, avviata insieme alla Caritas locale durante l’emergenza e dove sono stati accolti più di cento ospiti. La ricerca, realizzata con la somministrazione di questionari online e focus group, è stata curata dal Dipartimento di psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università degli Studi di Padova ed è la prima del suo genere a Padova perché indaga in particolare gli aspetti qualitativi del sistema di accoglienza e dà voce sia alle persone senza dimora – ne sono state intervistate 156, circa la metà di chi vive in strada a Padova – sia ai volontari e agli operatori di 16 organizzazioni non profit che operano in questo ambito.

«Nei mesi in cui tutta Italia era chiusa in casa per via dell’emergenza sanitaria, – ha detto Marta Nalin, Assessora al sociale del Comune di Padova – l’accoglienza delle persone senza dimora ha dato vita a importanti esperienze e reti di collaborazione, come ad esempio Casa Arcella, che non solo sono state capaci di individuare soluzioni virtuose, ma hanno a mio parere indicato la strada maestra per tutte le nostre azioni. Sinergie tra molti attori, del pubblico e del privato, per costruire percorsi collettivi capaci di dare risposte concrete». La maggior parte delle persone accolte sono maschi (86,5 per cento) con un’età media tra i 40 e i 60 anni. Il 57 per cento è celibe o nubile e nella maggior parte dei casi ha frequentato la scuola dell’obbligo. Oltre il 40 per cento degli intervistati è di nazionalità italiana ed in molti casi risiede a Padova.
Tra gli stranieri il 36 per cento non possiede il permesso di soggiorno.

Sul piano della salute il 44 per cento dichiara di avere un disturbo fisico o qualche disabilità, il 14 per cento ha un problema di dipendenza o abuso di sostanze e sempre il 14 per cento non ha nessuna copertura sanitaria. Tra i dati da sottolineare quelli che riguardano l’aspetto economico: oltre il 74 per cento degli utenti intervistati percepisce un’entrata – reddito di cittadinanza e sussidi – e solo l’8 per cento vive di elemosina. L’82 per cento dichiara di non avere un lavoro ma quasi la totalità delle persone – 93 per cento – possiede competenze lavorative. «Le settimane di lockdown – ha evidenziato Mirko Sossai, coordinatore tavolo Povertà e Nuove emarginazioni – hanno rappresentato una opportunità per vedere nel concreto nuove modalità di pensare all’accoglienza. Come emerge anche dal rapporto, oltre all’emergenza, risulterà cruciale valorizzare il momento di accompagnamento di queste persone verso un futuro di autonomia grazie all’attivazione di reti di prossimità. La notte dei senza dimora rappresenta una importante occasione per sensibilizzare la cittadinanza su queste tematiche».