Anche la regione Puglia a rischio desertificazione. Consumo a km0, meno carne, rete idrica efficiente e nuove tecniche di coltivazione

Se gli parli di agricoltura, di piante o di percorsi naturalistici Francesco De Pasquale ti porta nel suo mondo che sa di arcaico e moderno. Il suo amore per l’ambiente, per la natura, per tutti i frutti che la terra è capace di regalare traspare in ogni suo discorso. Per questo, il tema del riscaldamento climatico gli sta particolarmente a cuore. Perché l’operatore agricolo della cooperativa sociale Ortovolante è impegnato su più fronti a coltivare le bellezze che nascono dal nostro territorio. Olive, miele, zucche, ortaggi vari. E lo fa trasferendo le sue competenze tecniche a chi vive con disagi diversi, trasmettendo anche la passione che ciascuno di noi dovrebbe avere per la terra e tutto l’ambiente che ci circonda. «La Puglia rischia la desertificazione a causa della siccità, degli incendi provocati dalla mano dell’uomo o dalla sua disattenzione e del consumo sbagliato dei nostri suoli. Per contribuire alla sua salvaguardia dovremmo iniziare a cambiare le nostre abitudine alimentari, sostenendo un consumo a km0 dei prodotti, mangiando più frutta e verdura, ed eliminando o riducendo il consumo di carne anche in risposta agli allevamenti intesivi che provocano enormi emissioni di gas serra».

Secondo il recente report del WWF “Dalle pandemie alla perdita di biodiversità. Dove ci sta portando il consumo di carne”, in effetti, «gli allevamenti intensivi sono da soli responsabili del 14,5% delle emissioni totali di gas serra, utilizzano circa il 20% delle terre emerse come pascolo e il 40% dei terreni coltivati per la produzione di mangimi» è scritto nel documento. Per De Pasquale, dunque, si tratta di pensare alla nostra alimentazione come «una scelta etica per la salvaguardia della nostra terra e per la salute di noi stessi». Non solo. Per l’operatore particolarmente impegnato nel settore dell’agricoltura sociale «la comunità Europea dovrebbe incentivare la protezione del suolo ed il recupero dei terreni incolti, anche per tutelarli dagli incendi. Andrebbe incoraggiata la minimum tillage, ossia la coltivazione con la minima lavorazione del terreno; ed allo stesso tempo dovremmo utilizzare la tecnica del sovescio, che consiste nella semina di un miscuglio erbaceo non allo scopo di raccoglierne il prodotto, ma di interrare la biomassa prodotta per aumentare la fertilità del suolo al fine di migliorare le prestazioni produttive di un frutteto/vigneto o di una qualsiasi altra coltura che lo succederà».

Le aree a rischio sono il 57%

Intanto, gli ultimi rapporti dicono che circa il 21% del territorio nazionale è a rischio desertificazione e circa il 41% di questo territorio si trova nel Sud. «In Puglia le aree affette dal rischio desertificazione rappresentano il 57% della superficie utilizzabile e il conto pagato dall’agricoltura – ha spiegato il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia – soggetta ai cambiamenti climatici e alla siccità è salato». Discorso analogo per Pietro Piccioni, direttore Coldiretti della Puglia: «In Puglia le aree a rischio desertificazione sono pari al 57% del territorio regionale per i perduranti e frequenti fenomeni siccitosi, dove per le carenze infrastrutturali e le reti colabrodo viene perso l’89% della pioggia caduta. Servono interventi infrastrutturali per non disperdere l’acqua piovana e manutenzione ordinaria e straordinaria di canali di scolo, invasi e reti irrigue, abbandonati a sé stessi da decenni». Il futuro dell’agricoltura nella nostra regione potrebbe essere a rischio. Sarebbe un paradosso. Anche per questo, tutti sono d’accordo nel sostenere che una parte delle risorse del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) devono raggiungere due obiettivi: da un lato, la realizzazione di nuove infrastrutture e il potenziamento di quelle esistenti per recuperare ogni metro cubo di acqua possibile; dall’altro, trovare soluzioni tecnologiche innovative nel solco dell’aridocoltura e del risparmio idrico”.
Emiliano Moccia

(Questo articolo è stato pubblicato nel numero di “Foglio di Via” settembre-ottobre 2021)